02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Il Sole 24 Ore

India alla scoperta del vino ... L’industria enologica locale produce 700mila casse, vale 52 milioni di euro e cresce a un ritmo del 30% all’anno. Tasse troppo alte sull’import - Inaugurata Vinitaly a Mumbai... Il corpulento cliente sorseggia il calice di bianco gentilmente offerto dal ristoratore: «Cos’è?» chiede. «Louis Jadot, Puligny Montrachet 1er Gru, Les Perrières», è l’ubriacante risposta. «Ah, straordinario. Veramente notevole». Siamo in un elegante locale di New Delhi e i protagonisti di questo siparietto tra il comico e il tragico sono un critico enogastronomico bisognoso di ripetizioni, un ristoratore in vena di perfidie e una bottiglia di Sauvignon del Maharashtra da 480 rupie. Se lo scivolone del presunto esperto dice di più sull’impreparazione dei critici indiani o sui progressi fatti dai loro vini, è difficile dirlo. Probabilmente entrambe le cose.
In fondo siamo in un Paese che, in cerca di stili di vita più raffinati, sta frettolosamente appassionandosi al vino. Un innamoramento in cui viene assecondato da un manipolo di imprenditori che stanno imparando a coniugare il clima del Subcontinente con i progressi della tecnologia e il know how della tradizione enologica europea. L’industria indiana del vino oggi vale circa 52 milioni di euro, e dal 2003 cresce a un ritmo che oscilla tra il 25 e il 30% a stagione. Questo è un buon segnale per il vino italiano, presente ieri con una cinquantina di aziende per Vinitaly a Mumbai, dove erano presenti i principali importatori del Paese, prima di fare rotta domani su New Delhi. Secondo le stime dei produttori, entro due anni verrà sfondato il tetto del milione di casse prodotte (oggi sono circa 700mila), facendo possibilmente diventare adulto un settore che fino ad ora è stato tenuto al riparo dalle leggi del mercato da quel genitore iperprotettivo che è lo Stato indiano. Una bottiglia italiana, prima di arrivare sui banchi di uno dei sudici liquor shop che nella maggioranza degli Stati monopolizzano la distribuzione di vino, viene gravata prima da un import duty del 100%, poi da un additional duty del 75%, quindi da una tassa decisa dai singoli Stati (200 rupie al litro nel caso del Maharashtra) e poi da un’eventuale gabella cittadina (il 7% nel caso di Mumbai). Prima di uscire dal negozio ci sarà da pagare anche una sales tax del 20%.
Il risultato è che per portarsi a casa una bottiglia di Santa Cristina che in un supermercato italiano costa circa 6 euro, a Delhi si sborsano 1080 rupie, più del triplo.
«La tassazione eccessiva è un problema serio - spiega Kapil Grover, proprietario della Grover Vineyards, una delle tre grandi aziende vitivinicole del Subcontinente -. Abbiamo chiesto al Governo di non penalizzare i vini europei, ma di tassare piuttosto quelli indiani di bassa qualità. Non ci interessa un vantaggio competitivo a breve termine, quello di cui abbiamo bisogno è la nascita di una cultura del bere». Una posizione saggia per un’azienda che quest’anno conta di vendere un milione di bottiglie. Un risultato ottenuto dopo un decennio di esperimenti con 33 varietà di vite e facendo infine cortocircuitare i bassi costi della manodopera indiana con il clima temperato di Bangalore e il know how di Michel Rolland, la controversa star dell’enologia francese. Oggi la Grover Vineyards, che ha tra i propri azionisti anche la maison di champagne Veuve Cliquot Ponsardin, esporta circa il 25% della propria produzione, per quattro quinti in direzione della Francia.
Tutto lascia supporre che sarà però quello indiano il mercato di riferimento per aziende come Grover: i colossi del settore come Diageo guardano con crescente interesse alle possibili partnership nel Subcontinente, mentre i dati sui consumi mostrano un progressivo allargamento del fenomeno-vino dalle grandi metropoli verso le città di medie dimensioni. «Il fattore chiave sarà la distribuzione - spiega Grover - il consumo di alcool è un tema controverso in India e più di un ministro ha dovuto rinunciare a liberalizzare il mercato: il mio augurio è che la nascita dei primi supermercati cambi le cose. Parola di uno che in un liquor shop indiano non ci ha mai messo e non ci metterà mai piede».

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su