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Il Sole 24 Ore

L’Italia sceglie architetture d’autore ... Dalla Toscana all’Irpinia. Tra strutture griffate e grotte naturali... Parafrasando uno slogan pubblicitario, per fare un grande vino non ci vuole una grande cantina. Se il grande enopolio esiste, tanto di guadagnato; altri sono i fattori che portano qualità in bottiglia. Nelle terre di lunga storia enoica, per i produttori a contare non è tanto la dimensione della struttura, quanto la sua capacità di fare efficienza, la tecnologia di cui è dotata, gli ambienti a disposizione per effettuare un ideale affinamento Non si sbaglia a sostenere che un grande vino richiami un’opera d’arte. E anche questo fattore che sta portando i produttori a coinvolgere grandi firme nella costruzione o ristrutturazione delle cantine.
E si vedono architetture tanto ardite e fantasiose, quanto ecologiche e puritane. Scontato il richiamo della cantina Petra di Suvereto, in Toscana, disegnata dall’architetto Mario Botta per Vittorio Moretti. A vederla così, adagiata sul fianco della collina, dà più l’idea di trovarsi al cospetto del sacro tempio egizio di Abu Simbel che a un luogo dove tutt’intorno di “divino” c’è solo lo ‘spirito” del vino. Peraltro ben protetto nei caratelli adagiati come sarcofaghi in un ambiente in cui a farla da padrone è la penombra e il silenzio. E fascino e mistero evoca il tratto di Renzo Piano per Rocca di Frassinello, la nuovissima cantina nata dalla joint venture tra Castellare di Castellina e Domain Barone de Rotschild-Lafite e immersa nella fitta boscaglia sopra Castiglion della Pescaia. Tra la Maremma e il Conero ci sono gli Appennini, ma la musica in nome del vino è la stessa.
Ci si rende conto mettendo piede in quella che è una barriccaia, ma ha tutto per essere una vecchia miniera con tanto di pali che con le più diverse angolature sorreggono la volta. In realtà si tratta di un’opera del tutto nuova e moderna e completamente mimetizzata nella collina che la sovrasta: opera che si rifà al modernismo destrutturato firmata da Marco Vignoni per la Umani Ronchi del marchese Massimo Bernetti, lo stesso del Pèlago campione del mondo. Ma non è solo il nuovo a sorprendere. Accade anche che antichi cunicoli diventino il luogo ideale per affinare la stoffa di vini tannici e setosi. Per esempio le grotte naturali di Atripalda, l’antica Abellinum, cuore tufaceo d’Irpinia, dove tra reperti archeologi e bottiglie di Taurasi e Radici che Pietro Mastroberardino ha voluto aggiungere il tocco dell’arte plastica e pittorica di artisti classici e moderni come Raffaele De Rosa, Maria Micozzi, Doina Botez e Patrizia Comand.
E di cunicoli strappati al mistero del passato sono quelli rinvenuti per caso sotto la villa di stile palladiano fatta costruire nel 600 dal Doge Sandi a Crocetta del Montello. Oggi Villa Sandi appartiene alla famiglia di Giancarlo Moretti Polegato, titolare del gruppo vinicolo La Gioiosa, che l’ha fatta ristrutturare. E stato durante i lavori di consolidamento che, a una profondità di quattro metri, sono stati rinvenute più di mille e cinquecento metri di galleria. Che probabilmente costituivano un passaggio segreto, utile per guadagnare di nascosto in caso di necessità la sponda del Piave. Ora quel bisogno non esiste più, ma i cunicoli sono assai utili all’affinamento dei vini spumanti firmati da Villa Sandi.
(arretrato de il Sole 24 Ore del 4 marzo del 2007) 

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