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Il Sole 24 Ore

Su internet il vino “fai-da-te” ... In rete il kit da 16 euro per distillare falsi Chianti o Barolo. Sartori (Unione italiana vini): “Un danno al made in Italy” - Al via il Vinitaly a Verona... Il miracolo delle nozze di Cana di duemila anni fa in confronto è poca cosa. Oggi, nell’era del villaggio globale e del potere digitale, chiunque lo voglia può farsi il proprio vino e gustarselo stando comodamente sprofondato nella poltrona di casa. Di più. Può scegliersi il gusto e la denominazione d’origine che più gli aggrada e, come se non bastasse, spendere una cifra incredibilmente conveniente. Al massimo per un Amarone un Barolo un Chianti si può spendere due curo e mezzo a bottiglia. Miracolo? Niente affatto.
O meglio, sì, ma della tecnologia virtuale. Infatti basta navigare su internet, individuare il sito giusto, cliccare ed ecco che in 48 ore ti arriva a casa il “wine kit” compreso di succo d’uva concentrato sterilizzato, lieviti e opportuni antifermentativi vi per fare un grande rosso o bianco che sia dalla denominazione desiderata. Che la tecnologia non ha limiti lo si sapeva, ma che si arrivasse a fare un prodotto finto e falso miscelando il contenuto del kit con dell’acqua davanti a un pubblico di esperti vignaioli nessuno poteva immaginarlo. E invece la dimostrazione si è materializzata ieri a Verona, in occasione della giornata inaugurale del Salone internazionale del vino, Vinitaly, e subito dopo che il presidente della Fiera Luigi Castelletti aveva terminato di leggere il telegramma del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha avuto parole di sostegno per tutti i produttori divino e olio made in Italy. Artefice dell’insolita performance è stata la Coldiretti, con il suo presidente Sergio Marini nelle vesti del provocatore. Insolito fino a un certo punto, perché il “wine kit”, nuovo per l’Italia, è in circolazione da qualche tempo sui mercati anglosassoni. Addirittura in Canada è regolarizzato con apposite norme.
Ed è facilmente reperibile su internet al prezzo di 10-16 euro. “Con questa iniziativa - ha commentato Marini - abbiamo voluto denunciare un grave attacco alla sicurezza del consumatore e un danno all’economia di un settore che è trai più vitali dell’agricoltura del Paese che ha per obiettivo unicamente la qualità”. E per sottolineare il pericolo cui va incontro la viticoltura nazionale, Marini ha scritto una lettera di protesta alle più alte cariche del Governo e della Ue, invitandoli ad “adottare provvedimenti urgenti contro scelte che minacciano non solo le denominazioni d’origine ma lo stesso principio del vino che non può essere fatto aggiungendo acqua”.
Tante le reazioni all’insolita performance. A cominciare da quella del presidente dell’Unione italiana vini Andrea Sartori, secondo il quale “bisogna fare tutto il possibile anche a livello governativo per bloccare la circolazione di questi oggetti, una vera e propria minaccia all’immagine del vino italiano”. Per il direttore generale di Federvini Ottavio Caggiano de Azevedo “l’esistenza del “wine kit” era cosa nota, ma finché la sua circolazione era limitata ai mercati terzi era praticamente impossibile per noi intervenire. Ora con internet indubbiamente diventa opportuno una diversa e più incisiva attenzione della professione e delle autorità”. Attenzione che il presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni auspica venga portata a livello di trattative Wto, sollecitando “l’adozione del registro multilaterale per il riconoscimento delle denominazioni d’origine”.

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