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Il Sole 24 Ore

È ancora record per il vino negli Usa ... Made in Italy. In due mesi export +18%... Nei primi due mesi dell’anno le esportazioni vinicole italiane sono aumentate del 18% in quantità (304mila ettolitri) e valore (145 milioni di dollari). La crescita per quanto insolita - gennaio e febbraio sono mesi in cui si opera “dal naso alla bocca”, per usare un termine caro ai brocker - è da record. Un record che, oltretutto, segue un anno da boom storico: l’export 2006 ha per la prima volta superato in Usa il miliardo di dollari con 2,2 milioni di ettolitri e, nel totale dei Paesi, i tre miliardi. Per la precisione, 3,2 miliardi per 18,1 milioni di ettolitri.
E d’uso dire che il buongiorno si vede dal mattino. Se l’augurio è clonabile, allora vorrà dire che anche il 2007 potrebbe riservare buone sorprese all’export enologico made in Italy. I cui risultati dipendono, sì, dall’andamento del mercato, ma anche da quanto sta emergendo dal confronto politico in materia di vino a livello domestico e internazionale.
La notizia dell’allungo americano comunicataci da Lucio Caputo, direttore dell’Italian wine & food institute (Iw&fi) di New York, è per i vignaioli della Penisola una buona base di partenza. Tanto più che l’entità dell’incremento è decisamente più elevata di quanto fatto nel frattempo da altri competitori. Leggasi Australia, Cile, Argentina che pur crescendo bene per volumi esportati, in valore hanno visto aumentare il gap che li separa dall’Italia. Persino la stessa Francia ha chiuso il bimestre in negativo del 3% in quantità,. controbilanciato da un +4% in valore. Troppo poco per impensierire il top della classifica, saldamente italiano.
Una leadership che è stata conquistata con gradualità e perseveranza nell’offrire prodotti contenenti un mix di valori espressione di qualità, tipicità, cultura e territorio. Esattamente quei valori e quelle eccellenze che i vignaioli nazionali e di altre aree dell’Europa mediterranea intendono tutelare e codificare nel progetto di riforma del mercato vinicolo Ue.
Lo hanno detto molto chiaramente a Montpellier, in Francia, a un dibattito sul tema promosso dal presidente di Slow Food, Carlo Petrini. Il risultato è stato un documento, trasmesso alla Ue, in cui tra le altre cose si dice “no” alla delocalizzazione delle vigne, no all’import di mosti da un Paese all’altro sena la dovuta trasparenza sulla loro origine, no agli aiuti a produzioni destinate alla distillazione, no allo zucchero, no all’estirpazione di vigneti di collina; “sì” invece a etichette più chiare e alla regolamentazione europea dell’espressione collettiva di territorio, nonché alla salvaguardia del paesaggio.
Per restare al dibattito politico, ecco la lettera-appello dell’Unione italiana vini al Governo, con la quale il presidente Andrea Sartori denuncia una situazione di “schizofrenia legislativa”. Dice Sartori: “Da un lato si chiede alle imprese di partecipare a elabora re il Piano nazionale alcool e salute e, dall’altro, si paventano azioni legislative per proibire la pubblicità degli alcolici e apporre avvisi sanitari minacciosi sulle etichette di vino”. Iniziative che Sartori non esita a definire “messaggi terrorizzanti”.

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