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Il Sole 24 Ore

Il caso Eataly ... La ricetta di Farinetti: cibi buoni e prezzi bassi... “È un’idea banale, come la ruota: la realizzi e sembra che ci sia sempre stata”. Così descrive Eataly, il suo inventore, Oscar Farinetti. “Uno spazio grande e informale, prodotti di qualità a prezzi sostenibili, divulgazione e didattica: l’idea è tutta qua”. Classe 1954, nato nella capitale delle Langhe, figlio del comandante partigiano della 2lesima Brigata Matteotti che liberò Alba, in trent’anni aveva costruito l’impero UniEuro, i supermercati dell’era dell’ottimismo di Tonino Guerra, per intenderci. Nel 2003 ha venduto tutto, cento negozi con un fatturato di 800 milioni: “Un po’ ero stufo, un po’ pensavo che dopo l’espansione stava per arrivare la contrazione, non dei consumi, ma dei prodotti. Oggi un aggeggio minuscolo riproduce musica, contiene indirizzi, mappe stradali e, più ancora, i produttori sono sempre meno. Insomma, per me la convergenza digitale non era un affare”.
Invece il cibo sì? “Esattamente. In Italia i consumi delle famiglie vanno dai 650 ai 700 miliardi di euro: di questi, meno del 30% utilizzato per l’alimentazione: per la precisione, spendiamo 183 miliardi in cibo e 61 al ristorante. Da qui, si può solo risalire. Come? Avvicinando le persone ai prodotti di qualità, al godimento fisico e culturale che un buon piatto come un buon bicchiere divino sanno offrire”.
A Chiamparino, sindaco di Torino, il progetto piace e gli affida la ex fabbrica della Carpano, di fronte al Lingotto. Farinetti la ristruttura completamente e la ingloba in una struttura più ampia di vetro e acciaio. Oggi 10mila metri quadrati ospitano su tre piani l’area di vendita, otto punti di ristoro tematici e un ristorante tradizionale, aule dedicate a corsi di degustazione e di cucina, un’immensa enoteca con 40mila bottiglie delle migliori cantine italiane e non, uno spazio dedicato alla birra e un altro alla stagionatura di formaggi e salumi.
Soci di Eataly tre Coop (Piemonte, Liguria e Adriatica): “Per il loro know how - dice Farinetti\- ma anche perché sono portatori dì valori”. “Siamo soci convinti - conferma Bruno Cordazzo, presidente Coop Liguria e vicepresidente di Eataly condividiamo questo format che promuove l’alta qualità del made in Italy agroalimentare”. “Ho preso dalla grande distribuzione tutte le regole democratiche, ho accorciato la filiera per ridurre i prezzi - continua Farinetti -, ma niente offerte promozionali, niente in vendita alle casse. Il mercato l’hanno inventato gli arabi, basta andare a Istanbul e si capisce tutto”. Eataly è la declinazione reale di quel “buono, pulito e giusto” lanciato da Carlo Petrini nel suo libro-manifesto, ma “ho imparato da Tonino Guerra che non si può vendere nulla senza accompagnarlo con le parole. Così ho Scritto 400 cartelli”. Difatti questo è un luogo da sfogliare, come fosse un manuale, un’enciclopedia. Il più sorprendente recita: “Compra solo ciò che ti serve, ma compralo buono”. Nel segno della trasparenza, sono indicati e descritti tutti i fornitori. I loro volti campeggiano sopra alle aree di competenza: il fornaio, il macellaio, le cooperative di pescatori che forniscono ogni mattina pesce fresco. Ma è anche una comunicazione valoriale: la sostenibilità è un valore tangibile a cominciare dai carrelli in plastica riciclata, per arrivare ai prodotti del commercio equo e solida1e, o ai Presidi di Slow Food. Cosa fate dei prodotti freschi che restano invenduti? A rispondere questa volta è Piero Alciati, responsabile dei ristoranti tematici e della gastronomia di Eataly: “Nulla, perché non abbiamo avanzi. Anche noi compriamo ciò che ci serve: può capitare di non aver più pesce fresco alle sette di sera, ma non di avanzare qualcosa”.
Dopo quattro mesi si può già fare un bilancio? “Siamo sui 120mila visitatori e 60mila pasti al mese - conclude Farinetti -, la media di uno scontrino di 30 euro: numeri superiori alla più ottimistica delle mie previsioni. Le prossime tappe? Genova e New York, al Rockefeller Center, entro il prossimo anno. Poi potrebbe toccare a Milano”.

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