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Il Sole 24 Ore

Uva prematura ... Mi chiedo sempre più spesso quale fine farà il termine “primizia” nel lessico comune, riferito al cibo. Ebbene un tempo veniva così chiamato un frutto, una verdura, un cereale, un legume che faceva capolino nei banchi del mercato ortofrutticolo in anticipo rispetto al ciclo naturale.
A dir il vero, negli ultimi anni, la globalizzazione dei mercati, ha già messo in discussione il significato di primizia perché in ogni mese dell’anno, a seguito delle importazioni da ogni angolo del pianeta, frutta e verdura non seguono più la stagionalità, tanto meno offrono il gusto della primizia.
Ogni giorno possiamo acquistare mele, piuttosto che fragole o pere, ragione per cui il gusto di poter mettere in tavola qualcosa di stagionale o di anticipato svanisce..., così pure la poesia, l’emozione contenute nella “primizia”.
Ora la situazione cambia strutturalmente, non più a causa della globalizzazione, ma a seguito degli sconvolgimenti climatici che trasformano il ciclo naturale della frutta, dell’uva, dell’olivo. Così le ciliegie, primizia a maggio-giugno in alcune regioni o i fichi fioroni in agosto in altre, maturando ancor prima dei tempi andati, a seguito appunto della rivoluzione ambientale, come potremmo chiamarle? Forse è necessario coniare un nuovo termine perché troppo stonato finirebbe per suonare preprimizia, meglio “primizia”.
La verità, oltre il lessico, è che il ciclo vegetale sta producendo un grande cambiamento, sicuramente inaspettato nei campi, con profonde ripercussioni sui sapori, sui profumi, sull’economia agricola, sul futuro della tavola.
Ci dovranno essere variazioni anche nelle tecniche agrarie per le coltivazioni, ma soprattutto per i trattamenti.
Non di meno incidenza avverrà nei commerci internazionali, soprattutto quando, appunto per le primizie, le importazioni coincideranno con il periodo di produzione locale. Ciò provocherà maggior concorrenza sui prezzi.
La prima tangibile conseguenza in atto è offerta dalla produzione vinicola; ovunque in Italia, sono state registrate maturazioni delle uve e, conseguente vendemmia, molto anticipate rispetto al passato.
Da ogni territorio vocato dello stivale si levano voci dei produttori di vino che dichiarano: l’annata 2007 ne risentirà solo in quantità, ma non certo in qualità.
Ebbene siamo soliti registrare tutti gli anni le dichiarazioni dei produttori o delle organizzazioni degli agricoltori che indicano l’anno in corso come la vendemmia del secolo. Meno male che, in queste settimane di vendemmia precoce, nessuno ha avuto la spudoratezza di dichiarare anche 2007 come un’altra annata del secolo.
Una cautela intelligente perché forse nessuno è ancora in grado di determinare le conseguenze dell’anticipo di raccolta delle uve. Chissà forse potrebbe portare davvero, per alcuni territori, e di conseguenza per alcuni vitigni, alla vendemmia del secolo. Ciò che è grave in questa situazione è scoprire se, negli anni a venire, la temporalità si stabilizzerà sulla precocità, come quest’anno, oppure avverranno ulteriori e imprevisti cambiamenti.
Le improvvise variazioni di anno, in anno, potrebbero davvero incidere, nel tempo, non solo nella quantità di uva, ma nella coltivazione dei vigneti e nei trattamenti di cantina.
Per molti cultori del cibo non c’è solo l’interrogativo dell’annata 2007 di vino ma pure la qualità dei tartufi, soprattutto il bianco (tuber magnatum Pico) e i fungh , in particolare il pregiato porcino. È noto che la raccolta dei tartufi (nelle Langhe, in Romagna, in Toscana, nelle Marche, in Molise) è strettamente dipendente dalle condizioni climatiche: sole, acqua, nebbia sono gli ingredienti alternati per ottenere grandi annate sia come qualità, sia come quantità. Cosa riserverà la natura a cominciare dalle prossime settimane in quei territori così ricchi da sempre di tartufi ? Stessa storia per i funghi. Un futuro della tavola davvero incerto per i gastronauti. Sine qua non.

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