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Il Sole 24 Ore

Vendemmie di carta ... Di vigneti e vino quest’anno si è parlato in anticipo rispetto alla “stagione dei tini”: per il caldo primaverile, infatti, tutto il Nord-est ha cominciato la vendemmia ai primi di agosto, in testa le Cantine Ferrari del Trentino che non ricordavano, secondo le cronache, una precocità tale sui tempi dall’epoca del Concilio di Trento: 31 luglio 1563. E ora, ad aprire la strada al prossimo Novellino, è Tirabusciò, libro rivolto ai bambini e, per ricchezza di informazioni e dettagli tecnici, anche agli estimatori dei buoni calici. Non si tratta di un testo di narrativa, né di un manuale. Ma, essendo scritto a più mani, elementi di narrazione, illustrazione e approfondimenti storico-culturali si intrecciano creando un volume curioso e godibilissimo.
Tra le divertenti illustrazioni, che ricordano Mordillo eJacovitti, di Fabrizio Del Tessa, i testi di Filippo Bartolotta e Andrea Valente affrontano il tema del vino dal puto di vista storico, chimico, addentrandosi poi nei particolari della produzione, della degustazione e nelle curiosità. Come quella del Tirabusciò, storpiatura napoletana al tempo dei Borboni francesi di tirebouchon, il cavatappi che, pare, sia nato dal principio delle verghe a spirale usate per disincastrare le palle di piombo dai cannoni. L’abilità lirica di Piumini lega poi i capitoli con le poesie e si fa ancor felice in tre racconti uno dei quali, Tre gocce di brusco, vale tutto il libro. La storia è quella di un sommelier, il Gran Maestro Degustatore Gustavo Palatino che pur riconoscendo aromi, essenze e sapori del vino non prova più la sensazione di piacere. Si mette alla ricerca dei vini più pregiati: il Barolo, il Sauternes di Merveilleux, il Brunello, senza però trovarla. La recupererà grazie a uno zio che gli offrirà un bicchiere d’acqua con tre gocce di vino, la stessa mistura che gli faceva assaggiare da bambino: “Una cascata di piacere si rovesciò nella sua mente, nel suo corpo. Sentiva sapore d’uva, ma anche di sole e di festa. Sentiva profumo di bacche, ma anche di gioco e di gioia. Sentiva lo zucchero del vino, ma anche i ricordi, sentiva il sapore di quando era bambino”. E questa forse è l’essenza remota e irrinunciabile del vino: il gusto di una memoria e di un’umanità genuina perduta.

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