02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Il Sole 24 Ore

L’euro forte non ferma la corsa dell’export ... Negli Usa da gennaio a luglio la crescita è stata pari all’11,3%, per ricavi complessivi a quota 450 milioni... L’euro corre, ma l’America continua a sorprendere in meglio i vignaioli d’Italia. Sicché quanti temevano che l’indebolimento del dollaro avrebbe favorito la concorrenza, per ora sono stati smentiti. Lo dicono le esportazioni di vino made in Italy che evidenziano tassi di crescita a due cifre, proprio quando i più immediati inseguitori si accontentano di performance più modeste. E lo confermano i produttori che partecipano numerosi al tour promosso in questi giorni dal Vinitaly negli Stati Uniti.
Dove l’export dei mille vini autoctoni della Penisola, dopo il traguardo del miliardo di dollari del 2006, prosegue la corsa. Anche se in tanti si domandano cosa accadrà fra qualche mese, quando le imprese dovranno trasferire sul prodotto finito i maggiori costi causati dai rincari dell’uva dell’ultima vendemmia (la pèggiore dal 1948).
E un fatto però che da gennaio a luglio di quest’anno l’Italia enologica ha spedito in Usa 1,3 milioni di ettolitri per 450 milioni di euro di ricavi, con un delta positivo dell’11,3 e del 10,1 per cento. Per contro l’Australia s’è fermata a 1,2 milioni di ettolitri (+1,3%) e milioni di dollari (+5%), mentre la Francia ha recuperato parte degli spazi perduti in precedenza, portandosi a 600mila ettolitri e 473 milioni di dollari, in aumento del 7-8 per cento con un prezzo medio- alto che risente in modo netto delle bollicine di Champagne.
Ed è proprio sui prezzi che si sta focalizzando l’offerta vinicola internazionale, stante la qualità un valore universale su cui non è consentito deragliare.
Fattore prezzo, cioè, che secondo il presidente di VinItaly Luigi Castelletti i produttori italiani hanno finora gestito al meglio, come lascia intendere l’indice medio di 3,32 euro per litro applicato alle esportazioni nella prima metà di quest’anno, in calo di 21 punti rispetto ai 3,53 di un anno fa. Per Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc e produttore in Franciacorta, “il successo del vino italiano nel mondo è il risultato di un’offerta che combina prodotti di qualità e diversi per origine e tipicità a prezzi equilibrati. Sul primo aspetto non v’è nulla di simile in giro; quanto ai secondo, voglio sperare che si riesca a tenere la situazione sotto controllo”. Dove il controllo per Raffaele Boscaini della Masi significa “evitare fughe in avanti, pensando che questo successo basti a compensare una politica di prezzi fine a sé stessa”.
Francesca Pianeta, dell’omonima azienda siciliana, osserva come la questione listini coinvolga tutti, premendo però in modo particolare sulle imprese che per mancanza di vigneti di proprietà sono costrette a riposizionarsi in fasce di mercato diverse da quelle proprie. Per l’umbro Marco Caprai, invece, “questo è un contesto propizio per fare una serena riflessione sulle opportunità che il mercato internazionale offre al vino italiano. Sta alle aziende individuare la portata di questa occasione, ma è il sistema Paese che può farne un successo collettivo e duraturo. Ma l’Italia delle istituzioni ha questa consapevolezza? Personalmente ho qualche perplessità”.
Tuttavia, continua la stagione felice del vino italiano sui mercati internazionali. Una stagione che dura da ormai da qualche anno e che ha nella qualità del prodotto e nel prezzo equilibrato la sua ragione d’essere. Ma se per anni il buon rapporto prezzo-qualità è stato un fattore di crescita per le esportazioni del vino made in Italy, ora questo plus rischia di venire meno per via della forte rivalutazione dell’euro sul dollaro e della forte crescita dei prezzi delle materie prime e delle stesse uve dell’ultima vendemmia. Un problema che si porrà già dai prossimi mesi. Dopo l’ottima performance del 2006, che ha visto l’export di vino italiano superare per la prima volta nella storia i 18 milioni di ettolitri (per la precisione 18,2 milioni: due in più sul 2005) per un importo altrettanto da record (3,2 miliardi di euro rispetto a 3 dell’anno precedente), 2007 si avvia a bissare la performance. Almeno così pare, interpretando quanto avvenuto nei primi sei mesi dell’anno.
L’Istituto per il commercio estero (Ice) ha infatti reso noto che le esportazioni vinicole da gennaio a giugno di quest’anno hanno sfiorato 19 milioni di ettolitri, in aumento del 14,5 per cento per un controvalore di 1,6 miliardi di euro, aumentato a sua volta dell’11,4 per cento. Volumi e valori che, secondo il responsabile della sezione vino dell’Ice Stefano Raimondi, non solo evidenziano l’ottima tenuta delle vendite, ma mettono in risalto un trend di crescita in accelerazione rispetto al restante comparto agroalimentare le cui esportazioni totali, sempre nei sei mesi di osservazione, sono cresciute in valore del 3,8 per cento a 5,9 miliardi di euro.
Gli Stati Uniti restano un mercato di rilievo, le cui importazioni dalla Penisola nel 2006, stando al responsabile dell’ufficio Ice di New York Aniello Musella, hanno superato per la prima voltai due milioni di ettolitri (+7,8%) e il miliardo di dollari (+7%).

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su