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Il Sole 24 Ore

Entro dicembre il varo della riforma del vino ... La revisione comunitaria vuole eliminare gli sprechi... Entra nelle settimane di fuoco il dibattito sulla riforma del mercato comune del vino. Una revisione che si propone di eliminare gli sprechi di bilancio del passato e, al tempo stesso, di aumentare la competitività delle etichette del Vecchio continente, per far fronte alla concorrenza sempre più agguerrita dei nuovi produttori in vari angoli del mondo.
Il commissario europeo all’Agricoltura Mariann Fischer Boel, e la presidenza portoghese dell’Unione europea vorrebbero a tutti i costi chiudere la riforma entro la fine dell’anno, ma restano ancora alcuni nodi molto ingarbugliati da sciogliere, nel dibattito tra i 27 ministri europei. Primo tra tutti il divieto allo zuccheraggio, sostenuto con forza da Bruxelles, e appoggiato dai produttori del sud - come Italia, Spagna e Grecia - ma avversato in modo compatto da un fronte di ben 20 Paesi del Centro e del Nord Europa, con in prima linea la Germania, abituata tradizionalmente ad aggiungere saccarosio ai propri vini.
La commissaria Fischer Boel ha già riconosciuto che “che ci sono difficoltà” a far accettare il divieto dello zuccheraggio, ma non intende accettare la continuazione dello status quo. E, per questo, è forse pronta a offrire aiuti disaccoppiati ai coltivatori che abbandonino il saccarosio o ad accettare un periodo transitorio, prefissando però una data per l’entrata in vigore del divieto. Offerte che però non smuovono per ora la Germania e i suoi alleati, con la Francia in sorniona posizione d’attesa (anche in Alsazia e nelle zone del Nord del Paese si ammette lo zuccheraggio, ma non nel Sud).
Si vedrà come finirà il braccio di ferro. La Fischer Boel, in ogni caso, ha ammesso che “c’è un legame tra il mantenimento della pratica dello zuccheraggio e l’aiuto ai mosti”. Un legame posto fin dall’inizio dei negoziati dal ministro per le Politiche agricole, Paolo De Castro, il quale da sempre fa presente che non sarebbe accettabile mantenere lo zuccheraggio per i Paesi del nord, togliendo invece l’aiuto ai mosti, utilizzati per aumentare la gradazione da parte dei produttori del Sud. Ma ci sono altri punti controversi in un progetto di riforma che, in generale, punta all’estirpazione di 200mila ettari di vigneti nell’arco di cinque anni e al mantenimento di un budget annuale comunitario di 1,3 miliardi. Un altro elemento molto scottante è la richiesta della Fischer Boel di liberalizzare i diritti di impianto a partire dal 2014. In questo caso la Francia a opporsi più strenuamente, ritenendo che ciò mini alla radice il tradizionale tessuto produttivo nazionale. Ma diffidenza c’è anche da parte dei produttori italiani e De Castro chiede di mantenere dei vincoli perlomeno nelle zone doc. Pure in questo caso la battaglia tra la Fischer Boel e il fronte guidato da Parigi è dall’esito incerto, anche se dalla parte del commissario al tavolo dei negoziati gioca il fatto che, in assenza di decisioni, il sistema attuale dei diritti d’impianto andrà comunque a scadenza nel 2010.
Terzo rovente oggetto del contendere riguarda la proposta di Bruxelles di abolire le misure di mercato, che costano in media 500 milioni all’anno al budget Ue. In questo caso, c’è un fronte di oppositori con interessi differenziati che conta ancora un volta la Francia, più interessata al mantenimento della distillazione di crisi, la Spagna che vuole salvare quella facoltativa e l’Italia, più legata a quella dei sottoprodotti.
C’è poi un quarto elemento che provoca molta inquietudine in Italia. Ed è la possibilità, prevista dalla riforma, di indicare l’anno e il tipo di vitigno anche sulle etichette del vino da tavola. Una misura che i produttori italiani di vino di qualità temono possa generare una grande confusione nei consumatori. Da parte italiana si potrebbe però forse aggirare l’ostacolo strappando una deroga alle nuove regole europee di etichettatura per i vitigni a diffusione locale, dal momento che in questa categoria potrebbe rientrare la stragrande maggioranza dei vini italiani. Molta inquietudine è stata espressa anche dai rappresentanti dei consorzi Doc di Italia, Francia, Spagna e Portogallo, nei confronti del nuovo metodo che dovrebbe centralizzare livello europeo le denominazioni d’origine. La Fischer Boel ha però assicurato che l’uva delle etichette Doc dovrà essere vinificata anche in futuro nelle zone d’origine.
Criticato dai produttori anche il budget di soli 3 milioni per la promozione all’interno dell’Ue (ma si deve fare i conti con la sensibilità nordica molto impegnata nelle campagne contro l’alcolismo). La Fischer Boel ha però ricordato che io milioni andranno alla promozione dei vino europei nel mondo, con un co-finanziamento nazionale che li può portare a 240, un importo che può suscitare l’invidia di altri settori agricoli.

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