02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Il Sole 24 Ore

Vino europeo con lo zucchero ma il made in Italy vince lo stesso ... All’Italia gli aiuti per rafforzare la gradazione del vino utilizzando il mosto concentrato, che sempre dall’uva arriva al resto d’Europa, invece, la possibilità di aggiungere lo zucchero per dare corpo agli anemici rossi d’Inghilterra, che consente a Londra di fregiarsi del titolo di «Paese produttore». Vista con la metafora di un campionato europeo, con in palio la coppa della qualità, si può dire che nel lungo negoziato di Bruxelles sulla riforma del vino, l’Italia ha battuto i partner europei con un secco due a zero.
Il ministro De Castro ha avuto il merito di portare a casa 60 milioni proprio per fronteggiare il partito dello zuccheraggio, compresi i cugini di Francia, che fin dall’inizio della maratona comunitaria hanno imposto il passo e tenuto in ostaggio il negoziato. La mancata abolizione dell’uso del saccarosio ha innescato così un effetto domino che, tra proroghe e rinvii, ha finito per sgretolare molti dei pilastri con i quali l’iniziale proposta di riforma della Commissione Ue intendeva portare il sistema viticolo europeo verso un modello improntato alla qualità e alla liberalizzazione produttiva.
Il risultato è una riforma annacquata. Il divieto di nuovi impianti viene prorogato di fatto fino al 2018. La stessa distillazione, che in una sola campagna ha ritirato dal mercato e trasformato in alcol poco meno di 20 milioni di ettolitri di eccedenze - causate in gran parte proprio dai 30 milioni di ettolitri di vino zuccherato - è stata prorogata per quattro anni, sia pure con massimali finanziari a scalare. Un meccanismo perverso che rischia di alimentare ancora a lungo la spirale eccedenze-distillazione.
Anche sulla trasparenza nei confronti dei consumatori la riforma ha in larga parte fallito: nessun obbligo di indicare in etichetta la presenza di saccarosio, mentre i vini da tavola conquistano la possibilità di mettere in evidenza, sia pure con qualche limite, annata e vitigno, con una semplice autocertificazione al posto degli asfissianti controlli sui marchi Doc e Igt.
Con una riforma a maglie così larghe, ai produttori italiani non resta che seguire il percorso della qualità che proprio negli ultimi ha consentito di affermarsi in tutto il mondo. Come del resto è successo con la pasta a metà degli anni 80: la Corte di giustizia Ue abrogò la “legge di purezza”, consentendo l’uso di grano tenero, ma l’Italia mantenne l’obbligo del grano duro. Una scelta premiata dai consumatori italiani, ma anche dai mercati internazionali. A conferma che, in tema di qualità, l’Unione europea predica bene ma spesso razzola male.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su