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Il Sole 24 Ore

L’analisi sensoriale per assegnare il marchio di qualità ... È passato molto tempo da quando fare l’assaggiatore era considerato uno mestiere pericoloso. Certo, comportava il privilegio di gustare l’esclusivo e raffinato cibo destinato al sovrano ma il rischio di imbattersi in piatti addizionati al veleno era piuttosto alto. In realtà, oggi i successori dell’eunuco Eloto, sono tanti e specializzati in diverse materie. Tra questi ci sono i sensorialisti, cioè dei tecnici che attraverso una metodologia precisa e l’impiego di un gruppo di assaggiatori determinano quanto viene percepito di un prodotto. Si possono considerare dei veri e propri “strumenti” che molte aziende del comparto alimentare, ma non solo, utilizzano per fare delle valutazioni. Sono davvero tante, infatti, le imprese che hanno ormai riconosciuto l’importanza dell’analisi sensoriale e della certificazione dei prodotti sotto questo profilo.
Ma che cos’è esattamente l’analisi sensoriale? “Si tratta dell’insieme di tecniche e metodi che consentono di misurare qualsiasi cosa possa essere percepita attraverso gli organi di senso, controllando l’affidabilità del test, l’attendibilità e l’esaustività della risposta”, spiega Luigi Odello, presidente del Centro Studi Assaggiatori e docente presso l’Università Cattolica di Piacenza, l’Università di Udine, di Verona, di San Paolo del Brasile e di Lima. “La differenza sostanziale rispetto alla degustazione sta proprio in questo. Per esempio, quando un vino viene premiato in un concorso enologico, gli organizzatori non si pongono la domanda se sarebbe ancora premiato assaggiato altre volte dagli stessi degustatori o da altri. L’analisi sensoriale, invece, si pone questo problema e dà risposte attraverso la statistica perché stabilisce, con rigore scientifico, quanto piace, a chi piace e perché piace”.
In questo campo, dunque, le misure strumentali possono affiancarsi all’uomo, ma non sostituirlo. “Certo - continua Odello - perché anche se hanno raggiunto un alto livello di precisione, non sono in grado di stabilire il valore di un bene, né di descriverlo compiutamente e questo perché la loro possibilità di relazionarsi con i meccanismi della psiche umana è minima. Tornando al caso del vino, misurarlo solo attraverso parametri fisico-chimici è come voler stimare il sentimento di una persona attraverso la frequenza del battito cardiaco”. L’analisi sensoriale si può quindi applicare a qualsiasi cosa che abbia un’interazione con la persona: dai cosmetici ai tessuti, dalla pubblicità ai mezzi di trasporto. “Anche se ovviamente bevande e alimenti sono da sempre soggetti a valutazione organolettica e quindi rappresentano i testimoni storici dell’analisi”, puntualizza il professor Odello. La procedura è complessa perché l’assaggiatore, che può essere un semplice consumatore o un professionista non lavora mai da solo, ma sempre in un gruppo chiamato panel e diretto da un panel leader. Questo gruppo compila una scheda assegnando dei punteggi a determinate caratteristiche dell’oggetto preso in esame.

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