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Il Sole 24 Ore

Più strategia per l’export alimentare ... Le imprese: dopo La chiusura di Buonitalia serve un nuovo punto di riferimento... Con una crescita dell’8%, che ha portato nel 2007 il fatturato estero a quota 18 miliardi, l’export dei prodotti alimentari made in Italy ha rappresentato la novità più positiva per l’industria del settore. Uno sbocco sempre più strategico, vista la stagnazione dei consumi interni. “Ora però il problema è mantenere e se possibile allungare ulteriormente il passo”, afferma Annibale Pancrazio, 44 anni, imprenditore campano del settore conserviero, vicepresidente di Federalimentare con delega all’internazionalizzazione.
“Con la difficile situazione del mercato interno – aggiunge - la crescita delle nostre imprese è affidata sempre più al successo sui mercati mondiali, soprattutto su quelli meno tradizionali. Ma l’impresa non è facile: la forza dell’euro, l’impennata del petrolio e, in particolare proprio nel nostro settore, la corsa dei prezzi delle materie prime rischiano di svalutare i buoni risultati accumulati negli ultimi anni dai nostri prodotti. In questo contesto, soprattutto per le piccole e medie imprese, è determinante poter contare anche su un sostegno istituzionale per realizzare incisive campagne promozionali a1l’estero. E su questo punto, la decisione del Governo di chiudere Buonitalia non è certo un novità positiva”.
Il riferimento del vicepresidente di Federalimentare è al blitz di un paio di settimane fa quando, con uno dei tanti commi del “milleproroghe”, è stata sancita l’incorporazione della società per la promozione all’estero (controllata dal ministero delle Politiche agricole) nell’Istituto per lo sviluppo alimentare (Isa), altra società della galassia Mipaaf, ma con tutt’altra missione, visto che opera come merchant bank. “Il problema - spiega Pancrazio - non è la difesa in sé di Buonitalia, ma della necessità per il nostro settore di avere un punto di riferimento come l’Ice e Buonitalia con cui concertare le nostre iniziative, tese a sostenere l’internazionalizzazione delle imprese e consentire anche alle piccole e medie realtà produttive di cogliere sui mercati internazionali i frutti della grande immagine di cui il made in Italy alimentare gode nel mondo”.
Ora che il dado è tratto, per non perdere colpi sui mercati esteri e reagire adeguatamente alla più difficile situazione economica mondiale, secondo il rappresentante di Federalimentare: “Bisognerà dotare Isa, che attualmente è strutturata per altri compiti, delle necessarie professionalità per continuare ad accompagnare le imprese alimentari in questo sforzo di internazionalizzazione. E poi c’è bisogno di salvare la dotazione di 50 milioni l’anno che la Finanziaria dello scorso anno aveva assegnato per tre anni all’attività di promozione all’estero di Buonitalia, impegno che per la verità finora non è stato onorato. Altrimenti, con Buonitalia si rischia di perdere non solo un ruolo di regia per la promozione all’estero, ma anche i finanziamenti”.

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