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Il Sole 24 Ore

Abramovich vuole il Brunello ... Già intavolate alcune trattative di compravendita... E adesso è l’ora degli oligarchi russi. Montalcino attrae sempre i milionari e miliardari in dollari prima e in euro, ora. Nella ridente cittadina (solo 2mila anime, 5mila con il circondario) famosa nel mondo per il suo Brunello, nelle scorse settimane è stato visto Roman Abramovich, il potente uomo d’affari russo con residenza londinese. Il presidente della squadra di calcio del Chelsea a Montalcino non è andato per visitare la Fortezza, ma per guardare ettari di terreno coltivato a Brunello.
“Sappiamo che c’è stato, anche se poi l’hanno visto in pochi - dice Irene Chiari di Winenews, la bibbia del famoso vino - e sappiamo anche che le trattative che pure erano state intavolate non si sono concluse, per ora”. “Se Abramovich è venuto a Montalcino non lo so - afferma il presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino, il conte Francesco Marone Cinzano - so però che qualcosa c’è stato e prima o poi qualche trattativa si chiuderà”. Così, dopo la pacifica e benvenuta invasione di inglesi (nel Chiantishire) e americani, è arrivata l’ora dei russi. Di questi nuovi e potenti ricchi cresciuti all’ombra di Vladimir Putin, uomini d’affari che si sono arricchiti in misura considerevole con le privatizzazioni dell’ex Unione Sovietica.
E non tutti cercano pubblicità, anzi. E’ accaduto, per esempio, che un oligarca russo sia andato a Montepulciano, nella tenuta Valdipiatta. Lì c’è un’azienda gestita dalla famiglia Caporali, romani che hanno scelto di vivere (bene) nella cittadina del senese, dove producono un vino ottimo e anche un olio di prima qualità. In questa tenuta, si fanno visita guidate alla cantina con degustazioni che vanno da pochi euro a 180 euro. “Un giorno - dice Miriam Caporali, 34 anni, felice di vivere da dieci anni a Moltepuciano - in azienda è arrivata una richiesta strana: un signore, che poi abbiamo scoperto essere russo, ci chiedeva di visitare la tenuta da solo. In genere sono
richieste che non accogliamo perché le visite le facciamo con un minimo di cinque persone. Hanno insistito e noi abbiamo accettato. Così è arrivato questo signore - che non ha voluto nemmeno dirci il suo nome - con un elicottero. Poi, una jeep con quattro guardie del corpo è arrivata fino in azienda. Hanno preteso che non ci fosse nessun altro, al di fuori dei nostri collaboratori. Finita la visita, hanno ringraziato e sono andati via. Non so se questo russo ha intenzione di acquistare vigneti coltivati a Brunello, ma certo non mi sorprenderebbe”. Spaventati? “No, assolutamente. Si sa che in Russia la guardia del corpo è uno status symbol”.
Ora, ammesso che qualche trattativa consenta ai nuovi ricchi moscoviti di sbarcare a Montalcino, quale situazione trovano? “Guardi - dice il conte Marone Cinzano - questa è una realtà interessantissima. Vivo qui dal 2005, da quando cioè sono tornato in Italia. Il consorzio, che presiedo da un paio di anni, è un esempio di democrazia industriale. Grande e piccoli produttori hanno gli stessi diritti: dalla piccola realtà contadina di origine moltalcinese fino alla famiglia Mariani, grandi produttori italo-americani di Brunello di Montalcino”.
E quella dei Mariani è una bella storia, di cui ancora la gente ne parla. Il loro arrivo in queste terre probabilmente ha rappresentato lo spartiacque fra un modo di produrre e vendere Montalcino a livello locale e quello di farlo a livello mondiale. Insomma, agli inizi degli anni ‘80 i Mariani arrivano a Montalcino. Con 100 milioni di dollari. Una cifra astronomica oggi, figuriamoci quasi 30 anni fa. Con quella montagna di soldi acquistarono terreni, spianarono colline e impiantarono i loro vitigni. Oggi sono 800 gli ettari coltivati a Brunello. Un affare per tutti, considerato che oggi un ettaro può valere anche 350 mila euro.
Ma è proprio il migliore vino al mondo, il Brunello? “Ecco - dice il conte Marone Cinzano che è il terzo produttore con la sua tenuta Col d’Orcia, una delle aziende storiche di Montalcino che produce complessivamente 800mila bottiglie (di cui 25omila di Brunello) ed è presente in 60 Paesi - non so se sia il migliore, penso che una serie di circostanze, ambiente compreso, lo fanno percepire come il migliore dei vini”.
Il mercato del Brunello di Montalcino vede una produzione media annua di 7,1 mi1ioni di bottiglie (il numero varia a seconda della qualità dell’annata): il 60% è venduto all’estero. I principali Paesi importatori sono gli Usa per il 25%, la Germania per il 10%, la Svizzera per il 7%. Il 40% è destinato al mercato interno. Le principali aree di distribuzione sono: Toscana 7%, resto del Centrò Italia 5%, Nord Italia 8%, Sud Italia 1%, Montalcino 7% (di cui 1’8% con vendita diretta in azienda). La produzione media annua degli altri vini di Montalcino: Rosso di Montalcino Doc 5,5 milioni di bottiglie; Moscadello di Montalcino Doc 80milala bottiglie; Sant’Antimo Doc 700mila bottiglie; i “supertuscan” 500mila bottiglie; Igt 3,5 milioni di bottiglie. Dalle vinacce di Brunello si producono circa 250mila bottiglie di Grappa di Brunello.
Nel 2007 il distretto del vino di Montalcino ha raggiunto un business di circa 120 milioni di euro. Il Brunello al top della classifica dei valori fondiari: + 2.l53% è la percentuale di valorizzazione di un ettaro coltivato a Brunello dal 1967 a oggi.


7,1

In milioni di bottiglie, è la produzione annua media, per un giro d’affari di circa 120 milioni di euro.

60%
E’ la percentuale di bottiglie che vengono vendute all’estero. Solo il 40% è invece destinato al mercato interno.
25%
E’ la quota delle importazioni coperta dagli Stati Uniti. Seguono Germania (10%), Svizzera (7%), Canada (5%) e Inghilterra (3%).
5,5
In milioni di bottiglie, è la produzione media annua del rosso di Montalcino Doc, che è un altro vino prodotto nella zona.

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