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Il Sole 24 Ore

Il ratto del prosecco ... Lo scandalo davvero grave del vino adulterato, nonché le infrazioni al disciplinare di produzione del Brunello di Montalcino (che prevede l’impiego di sole uve sangioveto) di alcuni famosi produttori (Antinori, Frescobaldi, Banfi e Argiano) hanno monopolizzato l’attenzione dell’opinione pubblica. Certo questi fenomeni non sono da minimizzare, ma ci sono anche altri allarmi.
Il vino made in Italy dovrà combattere sui mercati esteri non solo per ripulire la sua immagine appannata, ma anche sotto nuovi fronti: come la produzione fuori dai confini dell’Unione europea divini derivati dai nostri vitigni “autoctoni”. Ebbene in Australia piuttosto che in Napa Valley, in Cile piuttosto che in Argentina la produzione vinicola gode di un’autentica deregulation: non ci sono limiti di resa, disciplinari territoriali, spesso libertà anche nell’uso di corpi estranei nelle fasi di produzione. Dunque un vantaggio competitivo di non poco conto.
Lo scandalo Brunello in quei Paesi nostri concorrenti non sarebbe mai scoppiato: le uve di sangioveto avrebbero potuto trovare buona compagnia con altre uve per rendere più internazionale il prodotto. Il peccato grave forse dei produttori toscani “sotto inchiesta” è proprio questo: scendere a compromessi produttivi per correre dietro al mercato, snaturando l’originalità e la tradizione di quel vino. Un rischio grosso quello di ingraziarsi il gusto del mercato internazionale assai omologato. Il tempo sarà in questo un giudice imparziale.
La libertà, oltre l’Unione europea, di piantare liberamente vitigni che non abbiano uno stretto legame territoriale (tanto per intendersi lo Champagne, il Chianti, il Franciacorta, eccetera) aprirà nei prossimi anni una guerra commerciale di cui l’Italia sarà protagonista (in senso difensivo), mentre la Francia è già corsa ai ripari da tempo. Tra l’altro non bisogna dimenticare che anche all’interno dell’Ue perdiamo pezzi importanti a cominciare dalla denominazione Tocai. All’orizzonte ci potrebbe essere il ratto del Prosecco, oggi prodotto in grande spolvero sui mercati esteri e sul mercato interno.
Come difenderlo? Un noto produttore veneto, Gianni Zonin, ha avanzato una proposta originale. Infatti esiste un paese Prosecco, in provincia di Trieste, dove a quanto pare è attestata da secoli la coltura di questo vino. Secondo Zonin sarebbe necessario fare una Doc Prosecco, agganciata al territorio di questo paesino (che comprenda come aerea Veneto e Friuli) per poi riservare alla zona Valdobbiadene-Conegliano la Docg Prosecco. Forse un ciambella di salvataggio nell’Ue ,ma inAustralia, Usa eccetera non è sufficiente. Insomma in questo Paese si cerca sempre di chiudere la stalla quando i buoi sono scappati. Sine qua non.

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