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Il Sole 24 Ore

Il vino per valorizzare il territorio ... Agroindustria. I temi del marketing e della promozione al centro del congresso di Assoenologi... Per vincere sui mercati la qualità da sola non basta. Dopo aver realizzato un prodotto di qualità occorre poi venderlo. Che il vino made in Italy abbia fatto enormi passa avanti sotto il profilo produttivo, in cantina, è testimoniato dalle performance positive realizzate negli ultimi anni all’estero. Ma gli sviluppi futuri passano ora dalla capacità di competere sui mercati anche con altre armi. Se ne è discusso ieri a Venezia nel corso del Congresso di Assoenologi (l’associazione degli enologi ed enotecnici italiani).
A parlare di marketing è stato il fondatore di Geox, Mario Moretti Polegato, che in passato ha a lungo seguito i marchi vitivinicoli di famiglia La Gioiosa e Villa Sandi. “Gli straordinari exploit del vino italiano - ha spiegato - sono stati determinati dai progressi in cantina e favoriti dalla presenza capillare in giro per il mondo di ristoranti italiani. Ma ora serve un approccio manageriale”. Secondo Moretti Polegato l’Italia sconta ancora un rapporto difficile con l’innovazione. “Abbiamo una classe imprenditoriale capace di grande creatività, intuizioni che però difficilmente riesce anche a sviluppare. Basti pensare ai casi della pizza o del caffè napoletani. Idee italiane, che si sono trasformate in business per gli stranieri. L’innovazione - ha aggiunto - va poi affiancata dalla programmazione e in particolare da una cultura dei brevetti per blindare le novità. Quante tecnologie messe a punto in cantina negli ultimi venti anni erano brevettabili e non lo sono state?”.
Margini di manovra interessanti ci sono anche in tema di legame con il territorio. “Ci sono aspetti ancora da valorizzare - ha spiegato l’ex direttore del Touring club italiano, Guido Venturini - in particolare la storia che molte nostre aree vitivinicole possono vantare può essere un importante fattore di differenziazione. Basti pensare che a Montalcino si produceva vino perlomeno tre secoli prima della Borgogna. Sono aspetti che vanno valorizzati anche in etichetta perchè la storia è qualcosa che nessuno ci può imitare”.
Gli sforzi che le imprese metteranno in campo per valorizzare i propri prodotti devono essere però supportati anche dalla pubblica amministrazione. “Siamo tutti convinti dell’importanza di fare una programmazione - ha detto il direttore di Assoenologi, Giuseppe Martelli - ma come è possibile programmare produzione e vendite e favorire un approccio manageriale quando in Italia non si riescono ad avere neanche i dati sull’entità dei vigneti? Senza contare che le cifre sulla produzione Doc e Docg sono note in media con tre anni di ritardo”. La scarsa propensione delle aziende vitivinicole a investire sulla qualità della commercializzazione è spesso legata anche alle piccole dimensioni medie delle imprese italiane.
“Certo è difficile che una azienda italiana - ha spiegato il responsabile del Laboratorio imprese del Banco popolare di Verona, Adriano Tomba
- possa dedicare al canale pubblicitario il 13% del proprio fatturato come fatto in media da alcuni grandi gruppi vitivinicoli mondiali. Una strada per superare i vincoli dimensionali potrebbe essere quella della holding federale della quale, dopo aver conferito il 100% della propria azienda, il produttore diventa socio”.

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