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Il Sole 24 Ore

I big del vino puntano sui mercati di fascia alta ... Assoenologi... Le strategie che guidano l’export del vino italiano vanno ripensate, le vendite all’estero, nonostante le buone performance degli ultimi anni, restano ancora in larga parte ancorate alle fasce medio-basse dell’offerta. Questi i temi al centro della giornata finale del 63°Congresso di Assoenologi a Venezia (si veda Il Sole 24 Ore di ieri). L’input viene innanzitutto dal mercato americano, già oggi il principale sbocco per l’export made in Italy, e che secondo l’Oiv (Organisation internationale de la vigne et du vin) nel 2010 sarà il principale mercato mondiale. Sul mercato Usa i vini da tavola dagli anni 80 ad oggi hanno dimezzato il peso, mentre si è rafforzato il ruolo delle bottiglie di maggiore valore.

“Dobbiamo allargare gli spazi dei nostri vini di qualità - ha detto Emilio Pedron, a.d. del Gruppo italiano vini - che rappresentano appena il 30% dell’offerta. Il prezzo medio dei vini italiani all’estero è di appena 1,7 euro al litro, contrariamente a quanto si pensa è inferiore anche a quello australiano (2,2 euro). Finora abbiamo esportato a prezzo troppo basso”. Il presidente di Assoenologi, Giancarlo Prevarin ha aggiunto: “Dobbiamo mettere in campo una strategia coordinata tra finanza, marketing e territorio, nella convinzione che il nostro concorrente non è la Doc vicina, ne i produttori Ue, ma occorrono logiche per i mercati globali”. Dal responsabile Ice di New York, Aniello Musella, è venuto un invito a non sottovalutare il rapporto con gli importatori. Il direttore Ice di Pechino, Antonino La Spina, ha spiegato i grandi progressi e le prospettive del vino italiano in Cina.

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