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Il Sole 24 Ore

II Barolo “salvato” da 5mila macedoni ... Comunità integrata... Come si sposa il barolo con un buon brasato. Così hanno trovato un accordo con la popolazione locale i macedoni che si sono insediati nelle Langhe, tra le province di Asti e Cuneo, porzione di Piemonte dalla vocazione internazionale. Qui, ogni anno, migliaia di turisti tedeschi e giapponesi vengono a degustare i vini in rinomati tour eno-gastronomici; mentre un’imponente comunità di oltre 5mila macedoni, al lavoro tra le vigne, quegli stessi vini li fa. “Per noi, che abbiamo bisogno di manodopera, sono stati una vera manna dal cielo -confessa Flavio Scagliola, assessore all’Agricoltura del Comune di Canelli -. I primi macedoni hanno iniziato ad arrivare con la guerra dei Balcani. Nella loro regione si produce tabacco, la cui coltivazione non è molto differente da quella della vite. La gente ha subito visto che erano pratici e li ha presi volentieri a lavorare. Oggi il mio Comune conta 643 residenti macedoni su 11mila abitanti. E i loro figli sono il 16% degli scolari della nostra scuola elementare”. La presenza degli immigrati di Skopje ha il sapore dell’integrazione. La chiesa di San Michele arcangelo a Neiva- da tempo priva di fedeli cattolici - è passata alla comunità ortodossa macedone. Così, padre Mihailo Matevski, prete ortodosso al seguito dei suoi concittadini, ci ha costruito
un’iconostasi e ogni domenica i celebra il culto per un centinaio di anime. Si chiama i invece “Melissa” il ristorante macedone di Castagnaio, considerato punto di i riferimento per le feste della comunità. “Ma i miei clienti i sono italiani al 50%”, dice con soddisfazione Vidoe Lazarov, titolare dell’esercizio. Il grosso dei macedoni lavora nelle vigne. In parte rimanendo in i Italia per pochi mesi, come stagionale, proveniente dalla Macedonia e dalla Bulgaria (dove risiede una folta comunità macedone); in parte con permessi di soggiorno ormai pluriennali. “La prima vendemmia ad Alba l’ho fatta due anni fa - racconta Dejan Manasiev, 29 i anni, studente all’università di Skopje e stagionale della vendemmia - e adesso sono di i nuovo qui”. Dejanha lavorato i tre anni in Grecia in un hotel e come interprete di lingua inglese in Macedonia. “Da noi lo stipendio medio di un impiegato è di 160 euro mensili - racconta - e non basta a nulla. Sono soddisfatto del lavoro qui e spero di tornare anche l’anno prossimo”. “In Macedonia ho fatto l’agricoltore e il tassista - racconta Nikola Gjorgjievski, 33 anni -, nel 2000 ho deciso di venire in Italia. Dopo alcuni anni senza documenti, mi sono regolarizzato, lavoro nelle vigne e sto qua tutto l’anno. Mia moglie mi ha raggiunto e abbiamo un bambino”.

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