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Il Sole 24 Ore

“La qualità non si certifica per legge” ... Pallanti (Consorzio Chianti classico) chiede una revisione completa della normativa... “È il momento di rivedere l’impianto dei disciplinari”. Marco Pallanti, 53 anni, presidente del Consorzio Chianti classico, enologo e titolare insieme alla moglie Lorenza Sebasti dell’azienda Castello di Ama, in provincia di Siena, non pensa alle inchieste che hanno investito importanti denominazioni come Brunello di Montalcino e Nobile di Montepulciano, proprio con l’accusa di non rispettare il disciplinare. Dice che è arrivato il tempo di rimettere mano alle regole guardando alla scadenza di luglio 2009, quando anche l’Italia dovrà adeguare la propria normativa alle nuove regole dell’Ocm volute dall’Unione europea in materia di vino.

Bruxelles ha deciso l’introduzione della Dop (Denominazione di origine protetta) in sostituzione delle altre sigle (nelle Docg, Doc e Igt, l’Italia è leader con 472 denominazioni), ma, secondo i tecnici del Consorzio Chianti classico, l’adozione della nuova sigla sarebbe facoltativa e potrebbe affiancare le altre denominazioni nazionali. “C’è il rischio di creare una gran confusione, che finirebbe per disorientare il consumatore”, commenta Pallanti: “Abbiamo pochi mesi davanti per decidere cosa fare - aggiunge -. Mi auguro che si arrivi a scelte condivise e comuni per tutto il settore: l’armonizzazione normativa alle altre filiere alimentari europee era inevitabile e rappresenta l’occasione per ammodernare i nostri disciplinari”.

Per l’enologo Pallanti, che proprio in questi giorni festeggia la sua 25esima vendemmia ad Ama, sono due le questioni su cui sarebbe opportuno intervenire: “il disciplinare deve preoccuparsi degli aspetti produttivi e non può essere visto come uno strumento commerciale. La qualità di un vino non si certificata per legge, ma dipende dalle scelte e dalla capacità di chi lo produce. Se passa questa logica, avremo regolamenti più snelli, che lasceranno spazi di manovra alle iniziative degli imprenditori. Come già accade all’estero, per esempio in Francia”. Pallanti prosegue: “Il secondo tema è la tutela del nome. Con gli altri produttori italiani stiamo ragionando su come tutelare denominazioni tipo Brunello di Montalcino, dal momento che oggi chiunque può usare il nome Brunello svincolato da Montalcino; stessa cosa per il Recioto della Valpolicella o Est Est Est di Montefiascone, piuttosto che Nobile di Montepulciano. La strada - spiega - potrebbe essere quella d’inserire nel disciplinare la doppia dicitura, coni due nomi disgiunti, sia Brunello che Brunello di Montalcino, e così per tutti gli altri. Ma dobbiamo decidere in tempi rapidi”.

No secco, invece, alla prospettiva d’istituire una nuova menzione di “vino comunitario”, da utilizzare tra le Dop e i vini da tavola. “Sarebbe la fine del settore - taglia corto Pallanti -, il vino diventerebbe una bevanda come tante altre, senza più legami con il territorio di riferimento”.
Intanto, il Consorzio guidato da Pallanti (7mila ettari di vigna, 600 tra produttori e imbottigliatori, 550 milioni di ricavi per il 70% all’estero) si appresta a completare per primo in Italia il monitoraggio del territorio assegnatogli con l’erga omnes, realizzando così un catasto completo del Chianti classico. Proprio mentre la vendemmia 2008 è partita sotto buoni auspici. “I volumi sono in flessione del 10% - dice Pallanti -, ma ci aspettiamo risultati interessanti sul fronte della qualità”. Pioggia permettendo.

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