02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Il Sole 24 Ore

Ristoranti low cost per riconquistare i clienti ... Mangiare fuori casa...
Toccherà anche la ristorazione e l’enogastronomia la più grande crisi finanziaria post 1929?
Fra qualche tempo, quando in molti si renderanno conto della recessione enogastronomica in atto, tanti astrologi dei consumi faranno diventare il crollo delle Borse il capro espiatorio delle numerose chiusure di locali e di passaggio di mano di aziende vinicole. Sarà l’analisi più semplice, accettata soprattutto da coloro che sono “ciechi” nel diagnosticare cosa è già, in verità, successo. Infatti, ancor prima della catastrofe finanziaria nel settore enogastronomico, ha avuto inizio un terremoto di ampia portata che ha provocato non poche chiusure di locali, nonché ha portato una trasformazione della tipologia dei ristoranti stessi. Un cambiamento che ha colpito soprattutto quella che viene definita haute cuisine, di cui fanno parte i i locali dotati di stelle Michelin o di alti punteggi delle altre numerose guide.
È successo che un ristorante, quale Flipot di Torre Felice (Torino), di cui è chef-patron il bravissimo Walter Eynard, portabandiera della cucina “valdese”, due stelle dalla rossa Michelin, ha chiuso i battenti per trasferirsi nel suo La Crota Dl’ours sepre nello stesso borgo. Le ragioni sono un chiaro segnale di ciò che sta avvenendo nel mercato: gli alti costi della ristorazione di grande qualità, a cominciare dal personale, dagli ingredienti, dalla varietà del menu da offrire, dal costo delle vettovaglie, dai costi della cura dell’ambiente, gli investimenti di cucine sempre più tecnologiche. A fronte di tutto questo si i presenta un calo evidente di clienti, a causa di una crisi economica recessiva che ha colpito già da tempo l’economia (minori pranzi aziendali, meno serate al ristorante, meno week-end) avendo ripercussioni soprattutto nelle località “gastronomiche” decentrate.
Ancor prima di chiudere il locale stellato, Eynard, aveva dato vita alla Crota Dl’ours, seguendo una tendenza “storica” dei grandi chef di Francia, già presenti da anni con i loro bistrot: aprire secondi locali, meno impegnativi con menu di minori costi, ma in grado di sfruttare la griffe, come gli stilisti con le loro seconde linee.
Si pensi all’Emporio Armani, a Dg di Dolce Gabbana e così via. Un fenomeno che si sta ripercuotendo in Italia con l’insegna di trattoria o di wine bar con cucina, dove poter assaggiare piatti creati dagli chef di grido, ma appunto come “altro”, quale differenziazione di offerta rispetto al locale stellato.
Oltre ad Eynard a Milano, Claudio Sadler, due stelle Michelin, ha aperto Quick&chic, accanto al suo locale principale con un menu molto semplice, vino al bicchiere, prezzi assai al di sotto della carta del ristorante che porta il suo nome.
Sempre a Milano, il ristorante Trussardi alla Scala, presenta al pianterreno del palazzo, un locale dove il prezzo e le modalità del pranzo o della cena sono possibili grazie alla maggior rapidità di consumo, a seguito di piatti semplici, di vino al bicchiere, fattori che portano a un costo decisamente inferiore al locale stellato del piano superiore.
La famiglia Alajmo a Sarmeola-Rubano di Padova ha dato vita a un locale di grande successo, il Calandrino, un originale bistro made in Italy, gradevole, ricco di un’offerta variegata di qualità, accanto alle Calandre che vanta lo chef Massimiliano Alajmo, il più giovane 3 stelle del mondo.
Sono questi alcuni esempi di ciò che sta succedendo, ma non saranno gli unici perché sempre meno sono i coperti soprattutto dei ristoranti di haute cuisine a pranzo, così come è in grande calo il conto medio dei commensali. È colpito soprattutto il consumo del vino, non solo di sera, per la preoccupazione dei controlli sul consumo di alcol, ma per l’incidenza del costo di vini bianchi e rossi sul conto finale.
La crisi economica, indipendentemente dal crack finanziario, sta provocando una grande trasformazione nel pianeta cibo, spazzando via locali che non hanno un loro preciso target di riferimento e trasformando anche la haute cuisine, dove lo chef dovrà sempre più essere anche imprenditore, in grado di diversificare l’offerta.
Ci sono già anche altri evidenti segni di cambiamento: è finita l’era dei menu degustazione, accompagnati da tanti vini diversi; si sono ridotti i tempi di permanenza a tavola; i commensali non richiedono oltre due, massimo tre piatti (chi rinuncia al primo piatto, chi all’antipasto, chi al dessert, chi al secondo).
Questi comportamenti fanno sì che i ristoranti dovranno, per loro fortuna, ridurre i piatti offerti; decapitare le carte dei vini, veri e propri trattati con innumerevoli pagine.
Segnali negativi questi? Forse no. Certo gli incassi si ridurranno, ma pure il rischio di cantine dal notevole peso finanziario inizieranno a pesare di meno sulla gestione, così come l’acquisto di materie prime e l’incertezza della preparazione del menu. Non ci sono dubbi che sia iniziata una nuova era della ristorazione; si è chiuso il boom, si è aperto il periodo dell’incertezza.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su