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Il Sole 24 Ore

Cibo e territorio, carte vincenti ... Salone del Gusto. Mense scolastiche e ristorazione collettiva nuove frontiere dello “slow food”... A Torino il giorno dei giovani protagonisti delle scelte alimentari... I ragazzi che ieri hanno affollato, al di là di ogni immaginazione, i padiglioni del Salone del Gusto di Torino, non si aggiravano più tra gli stand addentando pizzette unte e bruciacchiate. Ieri i giovani - ma anche gli adulti - hanno preferito acquistare panini con il prosciutto San Daniele o con i formaggi occitani, il salmone irlandese o il merluzzo norvegese. Una ressa continua, dove spiccavano le casacche russe o i vestiti messicani dei partecipanti di Terra Madre. Ma, soprattutto, spiccava il cambiamento radicale nelle scelte alimentari dei più giovani. Sono occorsi l12 anni e 7 edizioni del Salone, ma ieri la battaglia pareva vinta. E questo dovrebbe agevolare la nuova fase dell’offensiva condotta da Slow Food alla manifestazione torinese relativamente alle mense. Perché un numero crescente di persone consuma i pasti fuori casa. Circa il 40% della popolazione attiva, secondo Walter Musso di Slow Food, per un totale di oltre 20 milioni di pasti fuori casa ogni giorno. E una buona parte di questi pasti vengono consumati nelle strutture di ristorazione collettiva, dalle scuole alle aziende, agli ospedali. Diventa quindi estremamente importante applicare alla ristorazione collettiva tutti gli elementi della filosofia del buono, pulito e giusto. Tenendo anche conto della ricaduta economica. La sola ristorazione scolastica, escludendo le università, ha un giro d’affari medio stimato in oltre 10 milioni di euro, con una media pasto di circa 3,50 euro. Alcuni passi importanti sono già stati compiuti. Musso ricorda ad esempio che nel Comune di Budoia, in Friuli, i 150 bambini della scuola consumano ogni giorno pasti preparati esclusivamente con ingredienti biologici e, nella maggioranza dei casi, prodotti localmente (ovviamente fa eccezione il pesce). Ma scelte di questo tipo non sono esclusiva dei paesi più piccoli. “Il Comune di Roma assicurano a Slow Food - fornisce quotidianamente il servizio a 40mila piccoli utenti con ingredienti da agricoltura biologica”. Il capitolato prevede che tutto ciò che serve per i pasti deve provenire da agricoltura biologica (compreso il vino per le cotture) mentre per alcuni prodotti ortofrutticoli è indicata anche la preferenza per le varietà locali. Anche in questo caso fa eccezione il pesce, così come carni fresche e salumi che devono per essere Dop o Igp. Scelte più consapevoli, che vadano verso la filiera corta sostenuta anche dal ministro all’Agricoltura, Luca Zaia, consentono ovviamente una riduzione dell’inquinamento dovuto ai trasporti e al tragitto che devono compiere gli alimenti. Ma significa anche meno imballaggi, meno passaggi e, dunque, prezzi ridotti. Oltre a garantire la freschezza dei prodotti, evidentemente stagionali, e un minor impiego di conservanti. Serve anche un’adeguata educazione al gusto che deve iniziare nell’infanzia. D’altronde le mense non del territorio non possono vantare risultati brillanti sotto l’aspetto della soddisfazione dei consumatori, grandi o piccoli: lo spreco del cibo preparato si aggira tra il 20 e il 25%, conseguenza della scarsa piacevolezza del pasto (in alcune realtà si arriva al 60% di scarto) e al poco comfort nel momento della somministrazione del pasto. Bruno Rivarossa, direttore della Coldiretti Piemonte, spiega che l’organizzazione ha già stipulato accordi per fornire prodotti del territorio, con origine e rintracciabilità garantite, agli ospedali di Cuneo, Mondovì, Ceva e Fossano (per un valore di 1,5 milioni), al nosocomio di Asti (600mila) e al Politecnico di Torino (100mila). Ma se la ristorazione collettiva è importante, quella proposta al Salone ha convinto gli appassionati. Ristoranti regionali e locali, a partire da quello della Provincia di Roma, per arrivare a quello irlandese. Eileen Bentley, di Bord Bia, spiega che quest’anno l’ente di promozione dei prodotti alimentari irlandesi ha preferito evitare il piccolo stand degli anni passati, dove si vendevano prodotti dell’isola, per puntare invece su un grande ristorante dove far assaggiare le carni, il salmone, la birra e i formaggi locali. E’ cambiata la promozione e il successo è cresciuto.

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