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Il Sole 24 Ore

L’agroalimentare non è un’etichetta ... A quattro anni dalla legge sull’obbligo di indicatre sull’etichetta degli alimentari l’origine delle materie prime finita sul binario morto dopo lo stop di Bruxelles, ieri il Governo è tornato alla carica approvando in via preliminare un disegno di legge-fotocopia. Che non piace a Bruxelles, perché altera la concorrenza. E non è visto di buon occhio dall’industria che, pur impegnata a valorizzare le materie prime nazionali, non vuol legare in modo esclusivo alla loro provenienza la qualità del made in Italy, come nel caso del caffè. A caldeggiare la legge è il mondo agricolo, che vede in questo obbligo la possibilità di valorizzare i prodotti di base. Un obiettivo legittimo, ma forse lo strumento rischia di non essere efficace. Come dimostrano le ricorrenti crisi di alcuni prodotti Dop, che la denominazione d’origine ce l’hanno nel loro dna, come nel caso del Parmigiano; oppure la discesa dei prezzi del latte fresco (al quale la Ue aveva concesso l’etichetta d’origine), dopo l’onda lunga dei rincari innescata da una banale commodity come il latte in polvere. A dimostrazione che l’etichetta da sola non basta, tanto meno se serve a dividere la filiera.

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