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Il Sole 24 Ore

Investire in ricerca, nel vino ... Ci vuole coraggio, considerando la tempesta finanziaria e il collasso dei consumi, a investire nella ricerca a fianco di due prestigiose università ( Napoli e Milano). Il progetto prevede di valorizzare attraverso un vitigno autoctono, l’aglianico, i territori dove questo “rosso” di razza, ma poco conosciuto anche a livello nazionale, ha le sue radici: l’Irpinia del Taurasi, il Sannio del Taburno e il Vulture lucano. Terre dove il vino ha radici e tradizioni davvero lontane nel tempo. Chi ha varato questo piano - non solo con aspetti di cultura materiale, ma anche con un volume sulla storia e sull’arte dei territori dell’Aglianico - è l’azienda vinicola di Feudi di San Gregorio di Sorbo Serpico (Avellino) della famiglia Capaldo, di cui è amministratore Marco Gallone, già molto conosciuta in Italia e nei mercati esteri per i suoi vini bianchi (Falangina, Greco, Fiano), e rossi (Irpinia, Serpico, Taurasi, Patrimo). Con la collaborazione di Attilio Scienza dell’Università statale di Milano e di Luigi Moio dell’Università Federico II di Napoli, conosciuto proprio per le sue ricette sul vitigno aglianico, l’azienda Feudi si pone l’obiettivo di cercare il Dna da cui sono generati il Taburno, il Taurasi, e il Vulture per scoprire come le interazioni tra i diversi terreni (nero vulcanico, bianco calcare, rosso d’argilla) e le condizioni climatiche influiscono su profumi, aromi e gusto. Una “ispezione” per disporre di elementi d’intervento per migliorare poi il vino.
Alla fase di ricerca ne seguirà ovviamente una pratica, che porterà nel 2009 a disporre dei primi risultati delle sperimentazioni sulle produzioni attraverso delle microvinicazioni. Cioè a dire, mettere sul mercato tre bottiglie dello stesso vino con certificato di nascita diverso. Insomma, per gli amanti dell’Aglianico sarà possibile effettuare una originale verticale, non delle annate, bensì dei diversi territori. L’esperimento Feudi di San gragorio è importante perché dall’Aglianico si ottiene un grande rosso “meridiano” che anche all’estero i media ritengono trascurato, in grado di far parte della nazionale azzurra con Barolo, Barbaresco, Brunello, Amarone, Montepulciano d’Abruzzo. Nella sede “giapponese” di Sorbo Serpico, quasi a dimostrazione che la tradizione è un’innovazione riuscita, da questo storico vitigno ha preso vita persino uno spumante “metodo classico”: rosé Dubl, termine senza significato ma il cui “ostetrico” è addirittura un must dello champagne: Anselme Selosse, le cui bottiglie sono assai ricercate. Insomma, una cooperazione un tempo davvero impensata, soprattutto nel campo della spumantizzazione, considerata la “puzza sotto il naso” degli champagnisti d’oltralpe. Nelle cantine di feudi di San Gregorio è nata così una serie di spumanti sudisti che, dopo un paio di annate di sperimentazione, hanno raggiunto un’eccellente maturità, ciascuno con personalità diversa: l’immediato Dubl Falanghina e l’elegante Dubl Greco, oltre a Dubl rosé. Sine qua non semper.

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