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Il Sole 24 Ore

E a Capodanno bollicine nostre ... E’ davvero un amore sincero quello scoppiato fra gli italiani e il made in Italy a tavola? Oppure è una cotta dovuta alla crisi o meglio ai soldi che cominciano a scarseggiare per le spesa? Ormai è un tam tam quotidiano il consiglio di consumare prodotti nostrani, di rinunciare all’ananas, al caviale, al salmone, ai vini d’importazione.
Ebbene questo momento mi ricorda il Manifesto futurista alle signore agli intellettuali di F.T Marinetti, ideologo del movimento futurista (e autore con Fillia de la “Cucina Futurista”): “Sono esterofili e quindi colpevoli di antitalianità le signore italiane dell’aristocrazia e dell’alta borghesia che si infatuano degli usi e degli snobismi stranieri. Esempio: lo snobismo americano dei cocktail-party, forse adatti alla razza nord-americana, ma certamente nocivi alla nostra razza. Consideriamo quindi cafona e cretina la signora italiana che partecipa orgogliosamente a un cocktail-party e relativa gara alcolica. Cafona e cretina la signora italiana che crede più elegante dire “ho preso quattro cocktail; che dire: ho mangiato un minestrone”.
Dagli anni 30 è passato tanto tempo, il cocktail-party può essere sostituito da happy hour o da finger food, ma oggi è in auge la presa di posizione contro l’esterofilia a tavola così come i futuristi bandirono la pasta a favore del riso. Attenzione però alle esagerazioni perché non dobbiamo dimenticare, checché se ne dica, che non siamo un popolo di produttori alimentari, bensì di soli straordinari trasformatori: dal settore caseario a quello delle carni, dalla pasta al cacao e al caffè, quasi sempre dipendenti dalle materie prime altrui.
E mi sento soprattutto futurista quando vedo frutta e verdura da altrove (pomodori e aglio cinesi, eccetera), ma non posso scandalizzarmi di osservare carni, grano, latte d’importazione perché non ne abbiamo a sufficienza e, in qualche caso, neppure di grande qualità. C’è un settore che può gridare forte di non aver bisogno d’aiuto: si tratta di quello vinicolo, anzi può vantare risultati d’esportazione eccellenti. Per questo si può davvero consigliare di bere italiano, anche e, soprattutto la notte del 31 dicembre. Un invito che non esclude un brindisi alla francese, ovverosia di champagne perché questo vino è altra cosa dallo spumante metodo classico made in Italy, checché qualcuno parli di pariteticità. Sono bollicine diverse con storia, tradizione e territori differenti! Chiarito questo, ecco alcuni consigli di etichette italiane per accompagnare il cenone.
Un grande spumante, sia esso un Franciacorta docg o un Trento doc, o dell’Oltrepò piuttosto che piemontese o emiliano offre il meglio di sé per accompagnare le diverse pietanze, poi si potrà anche continuare con il brindisi di mezzanotte.
Le scelte possono essere tante: per chi può, Trento Giulio Ferrari riserva del Fondatore brut 1999 (intorno a 80 euro), Franciacorta cuvèe Annamaria Clementi 2001 (intorno a 70 euro). Trento Extra brut Perle nero Ferrari (intorno ai 50 euro). Chi può spendere tra 30 e 40 euro scelga così: Franciacorta grand cuvèe pas operè 2002 e Franciacorta grand cuvèe brut di Bellavista, Franciacorta extra brut Comari del salem di Uberti, Franciacorta brut Cabochon 2004 Monte rossa. Franciacorta dosage zero 2004 Cà del Bosco. Tra 20 e 30 euro: Dubl greco brut 2004, Dubl falanghina 2006, Dubl rosato di Feudi di San Gregorio (di collaborazione italo-francese con A. Seloss) Bruno Giacosa extra brut 2004, Franciacorta brut rosé Le Marchesine ’2004, OP Profilo brut nature 1997 (dieci anni) di Andrea Picchioni, Franciacorta extra brut extrème, Guido Berlucchi &c, brut metodo classico blanc de noirs 2004, brut cuvèe speciale 2004 e brut rosso extra cuvèe 2006 di Bellei, Rosé del Cristo Cavicchioli.
Sine qua non semper!

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