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Il Sole 24 Ore

A tavola con Casanova ... La cucina afrodisiaca non fa più miracoli. Più che il cibo contano i gesti, come prendere l’ostrica dallo stesso piatto... Esistono i cibi afrodisiaci, ci si chiede puntualmente a San Valentino? Le ostriche, il foie gras, il caviale, il tartufo sarebbero “sex food symbol”, mentre l’economica polenta non è mai stata presa in considerazione. La sua forma e il suo colore non sarebbero in grado di evocare alcun piccante simbolismo, eppure recenti ricerche la definiscono un vero e proprio Viagra casereccio. La “liason” fra cibo ed eros è assai complicata, diremmo quasi avvinghiata, e non sempre le pietanze “complici” sono davvero galeotte.

Quante pagine scritte sulla cucina afrodisiaca, ma dopo 80 anni, il più originale e stravagante suggeritore resta il medico catanese, Omero Rompini, con il suo trattato: La cucina d’amore. Qui ci svela che la conquista non è solo questione di ingredienti, ciò che conta è l’abilità del cuoco a elaborare un menu abbinato alla tonalità dei capelli della sua bella. Guai, dunque, a offrire a una bruna quel che era stato pensato per una bionda, e attenzione anche all’ambiente, che dovrà essere studiato appositamente, così come i profumi e i fiori della sala da pranzo. Unica costante: un canapè non troppo lontano dalla tavola imbandita.

Certamente il cibo non fa miracoli, nonostante le buffe teorie di Rompini; ma resta un elemento importante per la conquista, il dialogo, la condivisione del piacere e anche per la continuità di un rapporto di coppia.

Vero è, d’altra parte, che molti associano momenti di passione al ricordo di un piatto, di un vino, di una cena, e gli attribuiscono un ruolo scatenante e che ci sono una serie di azioni che, secondo noi, aiutano a risvegliare l’immaginazione; prendere con le mani, dallo stesso piatto, un tartufo di mare o un’ostrica, osservare uno zabaione che scende, bollente, voluttuoso, da una pentola di rame (all’ambasciata di Quistello) o, ancora, far cadere gocce di miele con ritmo lento sul formaggio.

Nel cinquecentesco Libro degli amplessi dell’arabo Salazar, si afferma che un minestrone composto da fagioli e ceci, con spezie e cipolla, può far cambiare idea anche ai più riluttanti. Non lo era di certo l’imperatore del Messico, Montezuma, come si racconta in “La storia vera della conquista della Nuova Spagna” di B. Diaz del Castello: per soddisfare il suo vasto harem ogni giorno si sarebbe alimentato con ben 40 tazze di cioccolata calda con cannella e altre spezie. Una ricetta cui pare facesse ricorso perfino il seduttore Giacomo Casanova. Sine qua non.

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