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Il Sole 24 Ore

L’export pareggia i conti del vino ... Mediobanca: l’indice di settore ha resistito meglio delle Borse mondiali... Non capita solo ai banchieri. Anche a gente concreta come i produttori di vino può accadere di fare valutazioni che poi non trovano corrispondenza nei fatti. Chiamati due anni fa da Mediobanca a fare una previsione sul trend del mercato vinicolo, nessuno dei responsabili delle cento aziende italiane pi importanti (sono 97 quelle con pi di 20 milioni di euro di fatturato) diede risposta negativa. La stragrande maggioranza (60%) era convinta che il mercato avrebbe risposto alle attese di crescita. Ripetuto il test all’inizio del 2008, la situazione non dava risultati tanto diversi: solo un modesto 6% del campione avvertiva qualche scricchiolio. Tutti gli altri hanno continuato a pensare positivo o, al minimo, a credere nella stabilità. Sappiamo come sono andate le cose per l’economia. E per il vino non è stato da meno, con i risultati finali che, solo grazie al ritocco dei listini, hanno evitato di finire in terreno negativo. Per pochissimo, visto che - come risulta dalla consueta indagine sul settore vinicolo presentata ieri da Mediobanca la media dei fatturati ha chiuso con un modesto +1,4% rispetto al +6,6% del 2007. Una doccia fredda, dunque, che poteva lasciare di ghiaccio in tanti, se non ci fosse stata la valvola delle esportazioni che ha permesso quanto meno di pareggiare la situazione valutaria. E di ieri la proiezione dell’Ice che ha stimato per l’intero 2008 ricavi aggregati da export di 3,5 miliardi di euro: appena lo 0,8% sul 2007. La percentuale di crescita più bassa degli ultimi vent’anni di export di vino. Che, sommata a una domanda domestica ritenuta fisiologicamente matura (45 litri pro-capite), traccia un quadro tutt’altro che incoraggiante per l’immediato futuro. Non è un caso che l’indagine della banca d’affari milanese evidenzia il netto peggioramento del sentiment che avverte l’impresa vinicola nel suo insieme. Infatti il 25% del campione intervistato non esita a prevedere il peggio, 75 a fronte di un 50% che resta neutrale, mentre il restante quarto continua a credere positivo. D’altra parte, di buono, si fa per dire, c’è che l’indice Mediobanca relativo alle aziende vinicole quotate nel mondo (nessuna italiana) ha perso nel 2008 solo il 28,9% a fronte di un -38,3% dei listini in generale. E per quanto riguarda l’Italia, emerge il fatto non da poco che la redditività resta attiva: l’utile netto, sebbene ridimensionato nei valori assoluti salda a 88 milioni di euro nel 2007 rispetto a 120,5 dell’anno prima ma perfettamente in linea con il risultato del 2003. Una conferma dunque dell’assottigliamento dei margini operativi, che scendono dal 7 al 6,i per cento. Ma con una differenza sostanziale a seconda che si tratti di aziende di capitale e imprese cooperative, con le prime che firmano l’88% dell’utile aggregato. Questo non ha impedito alla cooperazione di consolidare la leadership nella classifica delle cinque più importanti imprese per fatturato, con quattro nomi che sono l’espressione del mondo cooperativo: Gruppo Italiano vini (288 milioni di euro, previsione con Civ&Civ e Riunite, ndr), Caviro (281,3), Cavit (154,8) e la new entry Mezzacorona (142,5). A difendere il vessillo dell’imprenditoria privata ci pensa il marchese Piero Antinori con l’omonima azienda di famiglia che ha chiuso il 2008 1 138,3 milioni di euro. E per per qualche verso sorprendente notare che gli investimenti promozionali e pubblicitari nel settore si mantengono su buoni livelli, sopra il 6% del fatturato. Con i privati decisamente pi sensibili al fenomeno (7,2%), mentre la cooperazione si ferma parecchio prima, al 4,2 percento. Diverso il discorso relativo agli investimenti tecnici che, dopo un taglio consistente nel 2007 del 22%, vengono attesi in ulteriore calo dell’8 per cento. E tuttavia questo non frena la propensione delle imprese a lanciare nuovi prodotti o, se si vuole, a rimodellare l’offerta. E un fatto che nel periodo 2006-2009 il numero delle etichette è aumentato di quasi il 40%, arrivando a un numero assoluto di circa 5.500, con una particolare accentuazione del 200% nel segmento dei cosiddetti grandi vini oltre 25 euro la bottiglia. In pratica vini Docg, Doc e Igt. Segno di un inequivocabile miglioramento qualitativo dell’offerta vinicola made in Italy.

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