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Il Sole 24 Ore

Bollicine cariche di ottimismo ... Per la prima volta l’offerta ha superato 22 milioni le bottiglie... La crisi c’è, è dura e preoccupa tutti, a cominciare dai ristoratori
che esprimono un termometro tra i più sensibili. Però... Però, se lo
sguardo si avventura al di là di quest’anno, l’ottimismo prevale e non
è di facciata. Insomma, pur non nascondendo gli affanni e i timori per
il 2009, sono in tanti a leggere un futuro incoraggiante per il metodo
classico italiano. È questo il messaggio dei tanti operatori
intervenuti a “Perlage”, l’appuntamento pre-Vinitaly dedicato alle
bollicine classiche di Madonna di Campiglio per l’assegnazione del
titolo di Ambasciatore del metodo classico andato a Luca Gardini,
sommelier del ristorante Cracco di Milano.
Perché sono in tanti a scommettere su un prodotto di qualità che
quest’anno per la prima volta ha toccato 22 milioni di bottiglie su
300 milioni del totale spumante prodotto dalle cantine italiane?
Perché, come ha raccontato Matteo Lunelli, vicepresidente delle
Cantine Ferrari, il trend in Italia è positivo da vent’anni a questa
parte.
“Ormai il consumo di bollicine ha commentato Fausto Peratone, ad di
Lavis e presidente del Trento Doc non è più limitato alla
ricorrenza, ma viene utilizzato come aperitivo, a tutto pasto, dopo
cena, e stanno conquistando il mondo femminile”.
Ma per il presidente dell’Ais Terenzio Medri, “la nuova sfida va
giocata sui mercati esteri”. Un passaggio che Alessandro Rella, export
manager di Berlucchi, condivide in pieno, anche se per ora si tratta
di un mercato piuttosto circoscritto. Ma questo limite può essere
superato, solo che bisogna crederci”. Per certo il piemontese Oscar
Farinetti, titolare di Eataly e della Tenimenti di Fontanafredda, ci
crede. “Lo spumante italiano di qualità dice ha bella accoglienza
e, oltre a essere un simbolo dello stile di vita italiano che è e fa
moda, sta conquistando autorevolezza”. Qualità e autorevolezza che, a
detta di Giancarlo Moretti Polegato di Villa Sandi, “nei fatti
costituiscono due fattori essenziali per un’impresa che vuole crescere
e per questo investe in nuovi mercati”.
Certo, manca un’identità comune: è un fatto che a differenza della
Francia, dove esiste lo Champagne e basta (35mila ettari e oltre 300
milioni di bottiglie), l’Italia sullo spumante è più che mai divisa in
micro denominazioni regionali: Franciacorta, Trento classico, Alto
Adige, Oltrepo, Altalanga insieme non fanno 10mila ettari e producono,
appunto, da 20 a 22 milioni di bottiglie. Ma questo non sembra essere
un limite. Anzi Per Mattia Vezzola di Bellavista “la decisione di
puntare sul nome Franciacorta si è rivelata vincente e sta dando
frutti che diversamente sarebbe stato impossibile conseguire”. Gli fa
eco Maurizio Zanella di Ca’ del Bosco, il quale osserva che “anche in
un anno difficile come il 2008, il consuntivo della Franciacorta è
andato oltre ogni previsione, con 9,8 milioni di bottiglie vendute, in
crescita del 16% sull’anno prima”.

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