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Il Sole 24 Ore

La crisi ridisegna la domanda ... L’unione fa la forza.
Soprattutto nei momenti di crisi, come quello attuale. La bolla dei
derivati subprime ha colpito anche i consumi reali. Intaccando, seppur
solo in parte, anche quelli del settore vinicolo. Il 2008 ha
registrato, infatti, un calo del 7% in volume dell’export vinicolo,
specie i prodotti sfusi, mentre per quanto riguarda la domanda interna
la flessione è stata più contenuta: hanno tenuto i vitigni autoctoni,
a tutto vantaggio dell’impresa cooperativa che produce e valorizza i
vini di territorio. “Il sistema cooperativo risente meno della crisi
perché vanta una forte massa critica e può far perno sulla
territorialità dei prodotti”, spiega Paolo Bruni, presidente di
Fedagri-Confcooperative che nel settore vitivinicolo conta su un
bacino di 423 cantine, 148mila soci, una capacità produttiva di 30
milioni di ettolitri e un fatturato di 2.500 milioni di euro.
Ma quali sono i vini più e quelli meno colpiti dalla crisi?
“Riscontriamo due tendenze di fondo - dice Bruni -. Da un lato c’è una
certa difficoltà del canale ristorazione, rispetto a quello della Gdo
che regge grazie alla politica delle promozioni, anche se a svantaggio
del margine di profitto delle imprese. Dall’altro i vini di uso
quotidiano venduti a 1,3-3,5 euro che, nel 2008, hanno tenuto quote,
con crescita fino al 5% sui mercati esteri consolidati. Vedi Usa e
Germania”.

Visione in linea con quanto riscontrato da Giancarlo Di Ruscio,
direttore della Cantina sociale Tollo (940 soci, 3.500 ettari e 13
milioni di bottiglie). “Quella che si preannuncia - dice Di Ruscio - è
una crisi molto forte per il vino e come effetto immediato credo che,
sul mercato nazionale, assisteremo a uno spostamento della domanda dai
vini costosi verso quelli con un buon rapporto tra la qualità e il
prezzo. Ritengo che la cooperazione è già pronta per fronteggiare
questo fenomeno”. E l’estero? La risposta che arriva da Giacinto
Giacomini, direttore generale di Cavit è incoraggiante: “In Usa, per
esempio, grazie all’ottimo rapporto con l’importatore Palm Bay, alla
qualità e al prezzo contenuto, il nostro marchio da cinque anni è tra
i più venduti nella ristorazione americana”.

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