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Il Sole 24 Ore

A Campari il bourbon di Pernod ... Per l’azienda italiana è l’acquisizione record - “Absolut” indigesta ai francesi... Campari conquista il big americano del whisky, il Wild Turkey. Nel bel mezzo della più grave crisi finanziaria dal crollo di Wall Street del 1929 e di un’aspra recessione, l’azienda di alcolici della famiglia Garavoglia esce allo scoperto, in totale controtendenza, mettendo a segno la più grande acquisizione della sua storia: con una spesa di 433 milioni di euro (575 milioni di dollari) si compra il bourbon numero uno al mondo.
Da tempo Campari puntava a un big deal e l’aveva apertamente dichiarato al mercato. Ora la grande occasione è arrivata e l’attesa è stata premiata: perché Campari ha sfilato uno dei marchi di whisky più noti al mondo alla Pernod Ricard, uno dei due colossi mondiali (l’altro è Diageo) ma finita in difficoltà e schiacciata da troppi debiti. Campari è oggi il sesto gruppo di alcolici al mondo e con Wild Turkey consolida la sua posizione sullo scacchiere internazionale, ma soprattutto, con quella che è la quinta più grande acquisizione mai fatta da un’azienda italiana negli Usa, sposta sempre più il baricentro Oltreoceano, sui mercati internazionali il mercato più redditizio.
Oggi però gli Stati Uniti soffrono una pesante recessione, le famiglie si sono fortemente impoverite e i consumi cadono: uno scenario macro che non preoccupa per nulla. “A pagare la crisi è il mercato degli alcolici ultra premium, mentre la fascia premium, come Wild Turkey, resiste e anzi si espande” spiega l’ad di Campari Bob Kunze-Concewitz. La crisi sta imponendo un cambiamento di mercato: il consumo fuori casa, più costoso e che in America copre l’80% del mercato, sta lasciano il passo a quello tra le mura domestiche, privilegiando i canali della grande distribuzione e prodotti un gradino sotto la fascia alta, dove Campari è forte.

Il marchio neo-acquisito ha un prezzo compreso tra i 18 e i 25 dollari che in questa fase sta beneficiando della contrazione delle vendite della categoria di brand venduti a più di 80 dollari a bottiglia, ha spiegato l’ad. Il Wild Turkey è attualmente venduto in 60 Paesi e principalmente in Usa (570mila casse all’anno), Australia (120mila casse) e Giappone (75mila casse). Negli ultimi sette anni in America Campari ha investito complessivamente 1,1 miliardi: dopo Skyy Vodka, nel 2007 è stata la volta di Cabo Wabo e X-Rated (di proprietà dell’ex cantante del gruppo pop Van Halen) e oggi il Paese pesa per il 25% dei ricavi complessivi del gruppo.

Ovvio, comunque, che, come tutti i beni voluttuari e discrezionali, gli alcolici non sono immuni dal calo dei consumi, ma per Campari il 2009 finora non segna una contrazione, fatte salve le differenze tra i vari Paesi e settori. In particolare in Italia, ha spiegato l’ad, “stanno scendendo super alcolici e vino, ma cresce il mercato degli aperitivi”. E nel segmento delle bevande da “happy hour” l’azienda milanese è leader con numerosi marchi (Campari, Crodino e Aperol). La crescita del settore, ormai un fenomeno che interessa tutta l’Italia, più che compenserà eventuali cali in altri segmenti.
Mettere a segno un’acquisizione strategica (assistita dallo studio legale Allen&Overy) e continuare a pagare dividendi
non è cosa da poco di questi tempi, ma dimostra uno dei teoremi della crisi: le aziende solide (Campari ha chiuso il 2008 con ricavi in linea a 942 milioni e un utile stabile a 126 milioni) che generano cassa possono approfittare della recessione. Campari paga 9,7 il Mol di Wild Turkey (al netto dei costi di pubblicità e marketing) e 12 volte quello atteso nei prossimi dodici mesi: a prima vista è un multiplo alto, in valore assoluto, ma appena un anno fa la Vodka Absolut è stata venduta a 21 volte e di fatto i multipli di Wild Turkey sono gli stessi che sul settore si pagavano tre anni fa, prima della bolla finanziaria. Per spesare la maxi acquisizione (che vale quasi la metà del giro d’affari di Campari e porterà a 100 milioni di euro di ricavi in più, senza tenere conto delle sinergie sulle quali non sono state fornite indicazioni) sarà un finanziamento bancario (già esistente ma non completamente utilizzato) di un pool di quattro istituti (Bank of America, che è anche advisor, Bnp Paribas, Intesa Sanpaolo e Calyon). L’acquisizione caricherà di debito Campari: l’esposizione salirà a 3 volte il Mol, “un multiplo investment grade e non preoccupante” ha precisato Kunze-Concewitz rassicurando il mercato anche sulla politica dei dividendi. I soci non dovranno rinunciare alla cedola e grazie alla liquidità che l’azienda ogni anno produce (123 milioni il free cash flow nel 2008) il debito ritornerà sotto le 3 volte il Mol.

Fedele alla politica prudente della casa, Kunze-Concewitz ha già fatto sapere che non ci saranno altre acquisizioni (salvo occasioni irrinunciabili che dovessero presentarsi) per concentrarsi a digerire il tacchino. Piazza Affari ha gradito: il titolo è salito dell’1,8% (dopo un picco del 6% in mattinata).

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