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Il Sole 24 Ore

Champagne alla guerra del lusso ... Se Arnault vende si ritrova una disponibilità extra da investire in top brand incluso Armani... Renaud de Gironde, 35 anni, è la settima generazione di una famiglia di tastemaker che lavora in esclusiva per la Hennessy. E’ toccato a lui condurre la degustazione guidata per il rilancio nel mercato asiatico del cognac Richard Hennessy, top di gamma battezzato con il nome di colui che nel 1765 fondò la maison. Microfono appuntato al rever della giacca e ballon di cristallo tra le dita, de Gironde ha presentato il pregiatissimo distillato a 300 ospiti signori vestiti Zegna e signore in abito da cocktail Dior o Versace giunti al MGM Grand di Macao da Hong Kong e dalla Cina. Diventata dall’anno scorso il mercato pi importante al mondo per il marchio francese. Non si sa se durante l’esame visivo, l’osservazione dei profumi e l’assaggio de Gironde sia stato distratto dai rumor sempre più incalzanti sul passaggio di proprietà della Moet-Hennessy, la joint venture tra il leader mondiale del lusso Lvmh, che controlla il 66%, e la Diageo, leader mondiale nelle birre e negli spiriti, che possiede il restante 34 per cento. Oltre a ennessy, nel portafoglio della MH sono inclusi brand del calibro di Krug e Dom Perignon, Ruinart e Veuve Cliquot, Moet & Chandon e Mercier, Glenmorangie (whisky) e Belvedere (vodka), per non parlare dei vini Chateau d’Yquem. Un vero e proprio scrigno sul quale la Diageo sembra intenzionata a mettere le mani. Forse anche a costo di un braccio di ferro tra Paul Walsh, il 54enne Ceo dell’inglese Diageo, e il socio francese Bernard Arnault, 60 anni da poco compiuti, uno degli uomini più potenti d’Oltralpe, che nei giorni scorsi ha però fatto smentire categoricamente dal suo staff che fossero in corso negoziati in tal senso. Se andasse a buon fine, il deal sconvolgerebbe gli equilibri del mondo del lusso, alle prese con un contesto difficile (153 miliardi di euro il valore del mercato stimato per il 2009 da Bain & Co., in calo del 10% rispetto alle previsioni di inizio anno). E aprirebbe le porte a iperbolici scenari in cui potrebbero essere coinvolti, nel medio termine, top brand della moda e degli orologi, della haute couture e dei gioielli. Tutti potenziali target del re del lusso Arnault nel caso in cui decidesse di dire sì agli inglesi, incassando così una gran quantità di denaro. Secondo il Daily Telegraph, Diageo il cui portafoglio spazia dalla birra Guinness al whisky Johnnie Walker e J&B, dalla vodka Smirnoff al liquore Baileys - sarebbe pronta a sborsare 12 miliardi di euro per aggiudicarsi il 100% della Hennessy. Per lo Scotland on Sunday, invece, Diageo avrebbe offerto 9,9 miliardi ricevendo una richiesta di 11,8 da parte di Lvmh. Al momento, l’unica certezza è che, nella City, gli advisor del colosso britannico saranno al lavoro anche domani nonostante il bank holiday, pronti a lanciare un assalto stellare per il controllo degli champagne e dei cognac più raffmati e costosi. Operazione che, però, convince solo in parte gli analisti del settore. I quali, ragionando sui pro e i contro, non sembrano escludere addirittura l’eventualità di un totale ribaltamento dell’operazione: con Lvmh che, secondo un report della banca inglese Hsbc, potrebbe fare un’offerta a Diageo per acquisire il controllo totalitario della MH. Per comprendere il valore della posta in palio, comunque, bastano pochi dati: MH pesa per circa la metà delle vendite mondiali di champagne mentre con Hennessy copre il 43% del mercato mondiale dei cognac (con punte del 48% in Asia e del 57% negli Usa). Nel 2008 il fatturato della MH è stato di 3,13 miliardi di euro con un risultato operativo di 1,06 miliardi. In pratica, il secondo business più redditizio per il gruppo guidato da Arnault dopo il marchio-star, la Louis Vuitton, che genera il 50% dei profitti annuali del gruppo grazie alle borse con il logo più amate dalle donne di tutto il mondo. Perché, dunque, il numero 1 del lusso dovrebbe liberarsi di una simile gallina dalle uova d’oro? Forse perché, nel primo trimestre di quest’anno, le vendite della divisione vini & spiriti sono calate del 22%? La flessione non sembra preoccupare il quartier generale parigino del colosso, dove spiegano che la causa è dovuta essenzialmente al destoccaggio in corso da parte di ristoranti e retailer, che stanno eliminando le scorte prima di fare - così si spera - nuovi ordini, e che oltretutto è l’ultimo trimestre il più significativo periodo dell’anno in questo segmento. Per Diageo, invece, la conquista del controllo di MH si tramuterebbe in un upgrading dell’offerta alcoolica, che si è recentemente allargata a tre marchi premium, con la vodka Ketel One (in joint venture con Nolet Group), il rum Zacapa (accordo distributivo) e lo shopping della cantina californiana Rosenblum Cellars. “Continueremo a guardare ad acquisizioni selettive”, aveva detto Walsh all’assemblea di bilancio, ma forse nessuno aveva immaginato quel che stava progettando. Non solo: dopo l’acquisto della vodka Absolute da parte di Pernod Ricard e quello di Wild Turkey da parte di Campari, Diageo è costretta a muovere sullo scacchiere per difendere la leadership, appunto ampliando la gamma di alcoolici. Inoltre, sempre secondo Hsbc, nel promettente mercato cinese sono solo cinque i marchi forti: Johnnie Walker (Diageo), Hennessy (MH), Chivas, Rémy Martin e Martell. Unire i primi due potrebbe garantire sinergie. Dunque, se Lvmh dovesse accettare un’offerta che valorizza ben 16 volte il suo Ebitda, come potrebbe utilizzare gli 8,1 miliardi di euro che si ritroverebbe in cassa (al netto dell’indebitamento di MH)? Hsbc sfodera una lunga lista di potenziali target di piccole, medie e grandi dimensioni, quotate in Borsa e non, ma tutte big player del lusso: da Tiffany a Bulgari, da Burberry a Tod’s, da Coach a Hermès e a Gucci. Ancora: nell’elenco figurano Richemont e Rolex, Patek Philippe e Chopard, Audemars Piguet e Chanel. Esercizio teorico o chance effettiva? Per il momento, il report puntualizza che la gran parte di queste aziende non risulta affatto in vendita ma, certo, potrebbe essere tentata da succulente offerte. Curiosamente, però Hsbc non menziona proprio quella che potrebbe rivelarsi la preda più sinergica per la divisione moda & pelletteria della Lvmh: la Giorgio Armani. Lo stilista di via Borgonuovo, che si avvicina al 75° compleanno, non ha mai fatto mistero di considerare Arnault in pole position nel caso di cessione di una quota - magari di minoranza, in prima battuta della sua azienda, anche se il colosso della cosmesi l’Oréal, partner di Armani nel ricco business delle fragranze e del make-up, potrebbe svolgere un ruolo non secondario in un simile contesto. I successi di Armani sono concentrati soprattutto nell’abbigliamento (55% dei ricavi 2007), segmento in cui Lvmh è decisamente debole, visto che il core business fashion è focalizzato sulla pelletteria, grazie appunto alla Vuitton, l’unico brand in grado di garantire una costante e crescente redditività. Anche la Armani è un marchio profittevole, da sempre, e gonfio di liquidità. Chissà che non sia proprio king George l’asso nella manica di Arnault.

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