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Il Sole 24 Ore

A tavola l’innovazione è la regola ... Italia leader nel mondo per i prodotti della tradizione e nuove proposte... L’innovazione tecnologica apre le porte del futuro. Senza, lo dicono rutti, qualsiasi impresa sarebbe destinata a impoverirsi. E perdere opportunità di crescita. Questo vale anche per le attività agricola e alimentare, vale a dire settori produttivi strategici per l’economia, con in più valenze fondamentali per la salute umana. Motivo per cui i dibattiti sull’innovazione sono all’ordine del giorno, con opinioni e conclusioni spesso opposte tra loro. Ogm docet. La scelta di campo contro gli organismi geneticamente modificati esplicitata un anno fa dall’Onu (“non è con gli Ogm che si risolve il problema della fame nel mondo”) ha, com’era comprensibile, esaltato i sostenitori della politica Ogm-free e scontentato gli altri. Segno che la discussione è ben lungi dall’essere archiviata.
Allo stesso tempo le imprese, piccole o grandi che siano, per essere competitive sono obbligate a rinnovare e diversificare la mercanzia. E possono farlo utilizzando strumenti e ritrovati, non necessariamente Ogm, che la tecnica e la scienza rendono disponibili. La questione semmai è sul come questi strumenti e ritrovati vengono poi resi accessibili.
Non di meno vivace è il contesto del fronte opposto, quello dei consumatori. Sostenitori di prodotti di qualità (come potrebbe essere diversamente?) e paladini della tipicità, i consumatori non disdegnano di aprirsi al nuovo che arriva in tavola, pronti ad assaporarne il contenuto. Prodotti che magari sono fatti in casa, ma che con i piatti della nonna il più delle volte non hanno più nulla a che vedere. Non per questo sono pietanze dai gusti orripilanti. Certo, un’aranciata senza arancia era concepibile soltanto da burocrati con la testa impegnata altrove.
Questo contributo al dibattito spiega perché un paese come l’Italia - strenuo difensore, e a ragione, di cibi e bevande del territorio, di cui è massimo cultore e custode - faccia bene a non sottovalutare l’importanza dell’innovazione a tavola. Anzi, a ben vedere la questione, la Penisola vanta asset molto avanzati in fatto di ricerca e diversificazione alimentare. Tanto da collocare il paese al top nella scala mondiale delle proposte innovative.
Si stima, infatti, che su circa 18-20mila nuovi lanci fatti complessivamente ogni anno, pressapoco il 10% porta la firma di aziende italiane. Il che costituisce una leadership difficilmente eguagliabile. Il problema caso mai è che di questo nuovo campionario solo una minima parte, stimata nel 5%, centra l’obiettivo. Ovvero conquista i
favori del consumatore. Il resto si perde per strada periché trattasi di proposta inconsistente, per mancanza di supporto pubblicitario, per inesperienza di chi è chiamato a promuoverlo sul mercato e così via. Quanto alle probabilità di successo, la modestia della percentuale è vera solo in apparenza. Infatti il valore della sfida non ne risente affatto, come dimostra la considerevole predisposizione delle aziende a investire in ricerca e sviluppo.
E’ stato calcolato, infatti, che i network alimentari spendano per la ricerca qualcosa come 3 miliardi di euro l’anno, di cui due per fare e promuovere prodotti nuovi. A questi vanno poi aggiunti altri 2 miliardi per le attività di controllo. Una cifra considerevole e comunque pari a quanto fanno le consorelle di paesi industriali come Germania e Francia. Tanto basta a dimostrare perché il sistema del mangiare & bere italiano, che in valori assoluti (80mila aziende di cui meno di un decimo presenta una struttura industriale, 350mila addetti, 140 miliardi di euro di giro d’affari, 20 miliardi di export) deve fare strada ad altri paesi competitori, non ha uguali nel tracciale la linea dei gusti vecchi e nuovi del food & beverage globale.
Una leadership che è confermata dalla diffusione della cucina italiana nel mondo, ma anche dall’enorme scopiazzatura che in modo fraudolento carpisce spudoratamente il vero made in Italy. Una leadership fatta di prosciutti, formaggi, olio, vini, dolci, ma anche di ricette culinarie tipiche e regionali impossibili a essere clonate e che sono la fortuna della generosa tavola dell’intera Penisola. Unaleadership fatta di aziende piccole e grandi, di marchi storici e di imprenditori avveduti che sanno guardare lontano. Consapevoli che l’agire presuppone sempre mettere in conto una buona dose di rischio. Questa è l’impresa.

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