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Il Sole 24 Ore

È la burocrazia politica il Gattopardo ... Le imprese del Mezzogiorno incalzano il governo: serve innovazione, non l’ennesima sigla elettorale... Appena presa la patente, nel 1958, è andato a fare un giro nella campagna del Chianti. Un ricordo che gli torna in mente oggi, mentre si rinfiammano le polemiche sui ritardi del Sud. “La Sicilia, all’epoca, era più avanti della Toscana, dalle infrastrutture all’organizzazione delle città. Aveva un’atmosfera più moderna”. Lucio Tasca d’Almerita è uno dei nomi di spicco dell’imprenditoria siciliana, marchio famoso nel panorama dei vini made in Italy. Ed è con grande dispiacere che riflette su come la "sua" isola abbia imboccato la strada di un costante peggioramento. “Dagli anni ’50 in poi c’è stato un continuo degrado, con poche parentesi positive”. Non si tratta solo della Sicilia. Lo dicono i numeri, come l’ultimo lo studio della Svimez: il divario tra Nord e Sud non s’è mai colmato. Anzi, complice la crisi, si sta aggravando. All’inizio degli anni ’90, gli abitanti del Meridione votarono compatti "sì" al referendum che aboliva il ministero del Mezzogiorno, a riprova di voler voltare pagina rispetto all’assistenzialismo a pioggia del passato. Oggi, a sentire l’umore delle imprese, c’è la convinzione che non serva un Partito del Sud per rilanciare le sorti di questa metà del Paese. Tanto meno rispolverare l’idea di un ministero. “C’è bisogno di più Sud nei partiti”, dice Gian Luigi Traettino, vice presidente dell’azienda di famiglia (costruzioni, terza generazione). Tra Palazzo Chigi e Palermo, è stata la vicenda dei 4,3 miliardi del piano della Regione Sicilia, bocciato dal governo, a fare da miccia finale alla rivolta del Governatore Raffaele Lombardo e del sottosegretario al Cipe, Gianfranco Miccichè. Ultimo tassello dei fondi sottratti al Fas, Fondo aree sottoutilizzate, e destinati ad altro. Ma a sentire gli imprenditori, che comunque rivendicano le risorse destinate al Mezzogiorno, i soldi non sono il problema numero uno. Vengono prima, vere e proprie emergenze, le infrastrutture, senza le quali le Regioni del Sud sono tagliate fuori dal mondo e dai mercati. E poi quell’”ostruzionismo burocratico”, come lo chiama Agostino Gallozzi, presidente di Confindustria Salerno, e al vertice di un’impresa, la Gallozzi Group, che si occupa di logistica, trasporti marittimi internazionali (uffici a New York, Shangai e Nord Europa). Finalmente, a fine anno, partiranno i lavori per costruire il porto turistico di Marina d’Arechi, progetto firmato dall’architetto Santiago Calatrava, mille posti barca, 80 milioni di investimenti, “tutti privati”. Per ottenere i permessi ci sono voluti 7 anni: “Ho cominciato le pratiche nel 2002. Gli ultimi via libera sono appena arrivati”. Una “burocrazia che uccide”, insiste Tasca d’Almerita. E che, soprattutto, non fa il proprio mestiere, come racconta Gabriella Megale, imprenditrice metalmeccanica lucana, con la Sulzer Sud (provincia di Potenza), e presidente del Comitato interregionale del Mezzogiorno dei Giovani di Confindustria: finora non è uscito neanche un bando legato al quadro comunitario 2007-2013. “I tempi sono fondamentali. Siamo sempre indietro, in ritardo”. Le infrastrutture sono disarmanti. Lo sa bene Tasca d’Almerita, che aggiunge ai disagi del Sud quelli di vivere in un’isola: “I mercati a Nord sono lontani, quelli della sponda settentrionale del l’Africa non si sono sviluppati in modo adeguato. Ben venga il Ponte di Messina: un modo per collegarci direttamente al Corridoio cinque”. Il vino lo deve vendere molto più ad Est, o negli Usa. Il business sta andando bene: “Ma non ho paura per la mia azienda, ho paura per il Sud”. Gli amministratori locali hanno una grande fetta di responsabilità. Così come il governo centrale: non solo quello Berlusconi, è un problema che va avanti da tempo. “È triste dover constatare che si parla di Mezzogiorno quando diventa oggetto di scontro politico. Ciò che serve è ragionare insieme per risolvere i problemi”, dice Gallozzi. E Traettino insiste: “Senza una crescita del Sud non ci può essere uno sviluppo competitivo di tutto il Paese”. Bisogna creare meccanismi virtuosi di spesa, cambiare rispetto al passato, e rinnovare la classe dirigente, continua l’imprenditore campano. Quanto ai soldi del Fas, continua, vanno ripristinati e soprattutto spesi bene, secondo tre direttrici: infrastrutture, fiscalità di vantaggio per gli investimenti, fiscalità a favore del costo del lavoro. “Bisogna puntare sugli automatisti, per rendere più efficace la spesa”, dice ancora Traettino (che è nel vertice dei Giovani di Confindustria con la delega per l’etica d’impresa e lo sviluppo del Sud). Comunque, “sarebbe un errore tornare ad un dualismo Nord-Sud. Le divisioni non pagano”, dice la Megale, convinta che sia “una questione di uomini”. E lancia un appello alla politica: “Questa parte dello Stivale se lo dovrebbero stampare nel cuore e nella testa”.

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