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Il Sole 24 Ore

La Francia della crisi scopre l’impresa ... Procedure semplificate hanno spinto 182mila persone a mettersi in proprio... “Bacchusement votre, baccosamente vostro. È il benvenuto (e anche l’arrivederci) con cui Remy Marionnet, 49 anni metà dei quali passati a lavorare nella sicurezza di svariate società parigine, saluta la clientela della sua nuova attività online, la cave a pépère, la cantina del nonno. Vende vini da collezione, grandi cru per grandi occasioni, millesimi di pregio la cui data di imbottigliamento può risalire fino ai primi del secolo scorso: “Ho fatto della mia grande passione, che coltivavo ormai da una quindicina d’anni, un lavoro a tempo pieno”. Remy ha infatti lasciato in aprile il suo vecchio impiego, tanto gli affari della sua giovane impresa individuale, ma boite come la chiamano i francesi, andavano e continuano ad andare a gonfie vele.
Secondo le statistiche, è uno dei 182mila cittadini d’Oltralpe che nel primo semestre - a causa nppure grazie alla crisi - ha scelto di mettersi in proprio adottando il nuovo regime ultrasemplificato di autuimprenditore, lanciato il primo gennaio dal ministero dell’Economia di Parigi. Come altri, è il protagonista felice di una microriforma lanciata quasi in sordina, senza gli abituali strombazzamcnti mediatici con cui sono state accompagnate altre riforme di Nicolas Sarkozy, dette strutturali, che oggi non solo girano paurosamente a vuoto nella crisi economico-fmanziaria, ma costano pure caro. Più della detassazione degli straordinari e della fine, de facto, delle 35 ore, questa piccola rivoluzione da sostanza al famigerato slogan elettorale del “lavorare di più per guadagnare di più” e alla rivalutazione in senso lato del lavoro.

Dieci-quindici minuti davanti allo schermo del computer sul sito www.lautoentrepreneur.fr, altrettanti click e l’iscrizione è fatta, il francese medio può diventare imprenditore accettando i rischi e le opportunità del mettersi in proprio: “Se non ci fosse stato questo nuovo regime di creazione d’impresa probabilmente non avrei compiuto il grande passo. Il mio progetto era pronto da tre anni, ma ancora non mi decidevo a cominciare, spaventato com’ero dalla complessità delle procedure amministrative e dal fatto di dover pagare imposte e contributi ancora prima di incassare un euro”, racconta Marionnet. E invece, come recita lo slogan del regime di autoentrepreneur, reddito, niente oneri”. “Nei primi tre mesi ho potuto così dedicarmi solo alla gestione e al miglioramento dell’attività, dall’ottimizzazione del sito all’arricchimento degli stock di bottiglie alle relazioni con la clientela. Non ho perso tempo con la burocrazia perché gli obblighi e gli adempimenti nei suoi confronti erano stati davvero risolti con i click iniziali dell’iscrizione”.
Hervé Novelli, segretario di stato alle Pmi, al Commercio e all’Industria, artefice della riforma, ha il conforto dei numeri per dire che si tratta di “un successo straordinario”. Gli oltre 180mila auto imprenditori dei primi sei mesi indicano che si stanno bruciando le tappe della tabella di marcia fissata inizialmente. Se il governo scommetteva su 200mila autoimprese nel 2009, di questo passo si arriverà facilmente a 300mila. Il ministro, uno dei più discreti ed efficaci del governo di Francois Fillon parla a giusto titolo di “fenomeno sociale”. La creazione di nuove imprese nella prima metà dell’anno ha toccato un record, 289mila registrazioni, e oltre la metà del primato è dovuto al dispositivo dell’autoimprenditore. Il successo sottintende un cambiamento di mentalità in cui la crisi economica svolge il ruolo di agente catalizzatore. Secondo un sondaggio pubblicato dal quotidiano le Parifica più di un terzo dei francesi vorrebbe mettersi in proprio e oltre il 69% vorrebbe arrotondare lo stipendio con un’attività parallela. “Arrotondare” è un po’ la parola magica di questo regime che può essere adottato anche da chi, come nel caso di Rémy Marionnet, aveva già un posto di lavoro. Vi può accedere chiunque abbia compiuto 18 anni: anche i disoccupati, i beneficiari del reddito attivo di solidarietà (che da qualche settimana ha sostituito il reddito minimo garantito), i pensionati e i funzionari pubblici. Niente male per un paese che è il paradiso della pubblica amministrazione ipertrofica e comunque ambitissima meta occupazionale, e che ha sempre guardato con diffidenza e sussiego un certo tipo di iniziativa privata, specie nel commercio. Il ministro prova a schizzare il ritratto tipo di un autoimprenditore: “Nel 70% dei casi si tratta di un uomo, età media 40 anni, e secondo i dati del primo semestre abbiamo circa un terzo di iscritti che hanno già un posto di lavoro e un quarto alla ricerca di impiego. Il numero dei pensionati è doppio rispetto a quello di altre tipologie di creazione d’impresa ed è questo un fatto molto importante: l’economia francese può continuare a beneficiare dell’esperienza e della competenza di chi ha già una lunga carriera professionale alle spalle”. Le attività più diffuse riguardano la consulenza aziendale, i servizi informatici,quelli alla persona, le vendite al dettaglioe online. Siamo di fronte al primo associazionismo d’impresa che ha fatto del web il suo principale strumento di comunicazione e rappresentazione. Il sito è la piattaforma virtuale di incontro e scambio: dal primo gennaio, 1,1 milione di visitatori unici, oltre cinque milioni di pagine viste e circa 500mila accessi alla sezione dedicata alle Faq, le domande frequenti.

Il dispositivo ha anche i suoi detrattori. L’opposizione di sinistra sostiene velenosamente che la facilità d’iscrizione non garantisce la professionalità e serve soprattutto a gonfiare le statistiche sulla creazione d’impresa e ad addolcire quelle autunnali sulla disoccupazione che si preannunciano molto amare. L’Unione degli artigiani teme la concorrenza sleale di autoimprenditori che non sono assoggettati all’Iva e non hanno obbligo di certificazione per le loro attività. Il dispositivo è in divenire: a Bercy, il ministero delle Finanze, hanno messo in conto un lungo periodo di adattamento per tenere conto delle rivendicazioni delle varie lobby senza snaturare il principio fondatore dell’autoentrepreneur...

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