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Il Sole 24 Ore

Obiettivo risparmio con la spesa “alla spina” ... Taglio del 30% ai costi medi rispetti agli “imballati”... Oggi un prodotto può fare a meno della confezione. Sembra una considerazione ancestrale, figlia del dopoguerra, quando vecchi giornali si riciclavano come contenitori delle merci più svariate e le massaie avevano propri sacchetti di tela per la spesa. E invece l’assenza di una confezione, l’eliminazione dell’ingombro, è oggi un’idea d’avanguardia che conquista spazi anche nella grande distribuzione organizzata (Gdo). Latte, frutta, verdura, cereali, detersivi sono offerti senza marchi (come avviene anche per farmaci e carburante) e “alla spina”, ovvero in base alle esigenze del consumatore e non più secondo le dimensioni delle confezioni. Il 19 aprile scorso, in una zona centrale di Torino, è stato aperto il primo shop italiano che vende esclusivamente prodotti sfusi o alla spina: si chiama “Negozio Leggero”. Una proposta commerciale che rappresenta il punto di arrivo di un percorso sviluppatosi in questi ultimi anni, dove i prodotti sfusi hanno catturato l’attenzione dei consumatori. La novità del negozio torinese sta già nella scelta del luogo, visto che i mini-market della zona avevano chiuso i battenti a causa della concorrenza della Gdo. E invece “nel 72% dei casi, i nuovi clenti sono già tornati da noi altre tre volte”, afferma Cinzia Vaccaneo, presidente della cooperativa Rinova, che gestisce il negozio.
L’idea di “Negozio Leggero” nasce da Ecologos, un ente di ricerca che lavora per l’implementazione della riduzione dei rifiuti nelle fonti produttive. “Il nostro negozio - prosegue Vaccaneo - è diviso in area food e no food”. Nella prima zona ci sono cereali, legumi di uso comune e alcuni più ricercati, frutta disidratata, caffè, tisane, pasticceria, pasta, vino doc e da tavola. E, ancora, prodotti freschi come uova e insalata. Nell’area no food si trovano prodotti legati alla pulizia della casa e personale, ma anche pannolini, cere depilatorie, crema da barba e lamette. Tutti rigorosamente privi di confezione.
L’obiettivo è ridurre i rifiuti derivanti dagli imballaggi e accrescere la consapevolezza del consumatore. “E come se il negozio fosse uno sportello di informazione ambientale per il cittadino”. E la questione della rilevanza degli imballaggi sui rifiuti generici non è di poco conto: i primi costituiscono il 35% in peso il 50% in volume del totale della spazzatura comune in Italia, secondo il Consorzio nazionale imballaggi. D’altro canto, anche la Gdo si è avvicinata da qualche anno ai prodotti sfusi. L’Auchan ha 29 punti Self discount - distribuiti in maniera eterogenea sul territorio nazionale - che offrono oltre 400 prodotti alimentari sfusi. La Crai ha 22 Ecopoint dove è possibile acquistare pasta, riso, legumi, spezie e caffè, rigorosamente privi di confezioni. La Sma ha invece otto punti Cityper Pesarisparmio, concentrati in Lombardia, Veneto e Sicilia, mentre il Conad Adriatico offre cinquanta market dove è possibile acquistare caffè sfuso. Sui detergenti, poi, sono diversi i punti Coop e Carrefour in regioni come Umbria, Lazio e Piemonte. Infine, ci sono anche Ipercoop e Iper, che per adesso concentrano l’offerta su caramelle e dolciumi privi di imballaggi. Andando poi ad analizzare il singolo prodotto, in Italia esistono oltre 1.250 distributori di latte crudo alla spina, ormai un’icona degli “sfusi”: in media si stima un risparmio del 30% rispetto al prodotto imbustato.
Infatti, sottolineano i sostenitori di questa tipologia di vendita, la spesa per prodotti senza confezioni non comporta solo benefici ecologici per la società, ma anche vantaggi economici per il clente. “I nostri prodotti costano tra il 35 e il 60% in meno rispetto a quelli ordinari”, afferma Vaccaneo. Federconsumatori concorda sul risparmio offerto dagli “sfusi”, ma si ferma su percentuali meno elevate. “Rispetto agli “imballati” - afferma infatti Rita Battaglia, vicepresidente della federazione
- costano il 30% in meno”.
L’economicità di questi beni non imballati si spiega anche con una filiera distributiva corta. Oggi sono oltre 57mila le aziende agricole italiane che vendono direttamente i prodotti (+ 48% rispetto al 2001) e che fatturano complessivamente 2,5 miliardi di euro l’anno. E ormai c’è un legame solido con i prodotti del commercio equo e solidale. Tornando all’esempio del punto di vendita torinese, Cinzia Vaccaneo specifica che “la torrefazione del caffè, che è prodotto in Chiapas, è fatta dai detenuti del carcere torinese Le Vallette”.
L’Adiconsum, infine, vede con favore il sistema distributivo degli sfusi “perché l’abbattimento dei rifiuti è utile al consumatore”, ma punta l’attenzione sull’igiene: “è un aspetto che deve essere monitorato costantemente”, conclude Paolo Landi, segretario generale dell’associazione di consumatori.

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