02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Il Sole 24 Ore

Nelle nuove fattorie scende in campo il sociale ... Agricoltura. Cooperative e imprese private danno lavoro ai disabili psichici... L’agricoltura come spazio di lavoro in cui ognuno può trovare un ruolo e una responsabilità; il contatto con la natura come strumento terapeutico; la lavorazione di prodotti innovativi da immettere in un mercato che sta cambiando.
Sono queste le motivazioni per cui le fattorie sociali stanno conquistando un ruolo sempre maggiore anche nell’ambito dell’inserimento lavorativo e del trattamento terapeutico di chi ha un handicap psichico o soffre di disagio mentale, mettendo insieme lo sviluppo della persona, quello sociale e quello economico.
Quante siano queste esperienze è impossibile dirlo con precisione, perché non esiste un vero censimento, ma Alfonso Pascale, presidente della Rete delle fattorie sociali, citai dati Istat da cui risulta che nel 2003 erano 471 le cooperative sociali di tipo B che svolgevano attività agricole (il 23,7% del totale). In totale davano lavoro a 7.500 soggetti deboli, il 18% dei quali era costituito da pazienti psichiatrici (nelle cooperative operanti in altri settori questa percentuale scende al 15%).
Il motivo, secondo Pascale, è semplice: “Mentre il lavoro in ufficio o nell’artigianato ha processi produttivi piuttosto rigidi - spiega - l’agricoltura offre una molteplicità di mansioni che permettono di rimettere al centro la persona, le sue esigenze e le sue potenzialità”.

Negli ultimi anni, comunque, il fenomeno si è ulteriormente ampliato, tant’è vero che oggi ci troviamo di fronte non solo a cooperative, ma anche ad aziende private che si sono aperte a questa esperienza, e attraverso di essa hanno trovato una spinta all’innovazione.
Aiab (Associazione italiana agricoltura biologica) ha censito 18 fattorie sociali, buona parte delle quali ha utenze di questo tipo. “L’esperienza ci dice che il settore è in crescita - conferma Mina Ciaperoni, vicepresidente Aiab - e che aumentano le aziende private. Si tratta soprattutto di agricoltori giovani, acculturati, che spesso tornano all’attività abbandonata dai loro padri”.
Anche per questo nella maggior parte dei casi il matrimonio tra sociale e biologico è quasi naturale, e molti lo scelgono. “Naturalmente tutto questo dà origine a una forte domanda di formazione, sia sul modo di inserire soggetti psichiatrici e di “rapportarsi” con loro, sia sul piano della conoscenza dei metodi naturali di coltivazione e lavorazione dei prodotti”.
“La Rete delle fattorie sociali - aggiunge Pascale - è nata per creare dialogo tra due mondi, agricolo e sociale, che rischiavano di rimanere distanti. Inoltre, insieme si cerca di affrontare il problema della sostenibilità sociale e soprattutto economica. Per evitare l’assistenzialismo bisogna stare sul mercato, cosa difficile per tutte le aziende agricole. La presenza di disabli e soggetti psichiatrici, però, può rappresentare un valore aggiunto, perché permette di realizzare prodotti con marchio biologico, laddove la coltivazione è tale, e nello stesso tempo solidale: oggi c’è m mercato sensibile a queste qualità. La Rete si rivolge però agli enti locali perché un impegno promozionale sul territorio, anche per far conoscere al grande pubblico questi prodotti”. Aiab, dal suo canto, chiede anche una normativa nazionale di tipo “leggero” che, tra l’altro, regoli le procedure di accreditamento e di valutazione. Comune, infine, è la richiesta che molti terreni pubblici a destinazione agricola inutilizzati o sottoutilizzati vengano assegnati alle cooperative.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su