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Il Sole 24 Ore

Ogni bottiglia di Amarone nasconde 415 geni, altro che Aladino! ... Da ieri esiste un modo unico al mondo per degustare l’Amarone diValpolicella. Il calice non serve. Serve sedersi davanti a un sequenziatore di ultima generazione per assaporare, una dopo l’altra, 59,2 milioni di sequenze di Dna prelevato durante la fase di maturazione dell’uva Corvina, il vitigno da cui nasce l’Amarone. È quel che han fatto Mario Pezzotti e Massimo Delledonne, ricercatori dell’Università di Verona. La degustazione scientifica ha permesso loro di scoprire il segreto dell’Amarone. Segreto che i due scienziati, ancora ebbri per la scoperta, si sono affrettati a svelare: questo vino è unico al mondo perché durante il processo di appassimento delle bacche di uva Corvina - e solo in questa fase - si attivano 415 geni, su un totale di 30mila. I palati più fini storceranno il naso, ma conoscere i processi genetici di un vitigno permette di indirizzare l’intervento umano per ottenere il massimo dalla pianta. Lo hanno capito bene i cinesi. Il “Beijin genomic institute” ha annunciato di voler sequenziare entro i prossimi due anni 1.000 genomi (500 animali e 500 vegetali). La sfida è a perta e ieri la Coldiretti ha chiesto di sequenziare il Dna dei 355 vitigni autoctoni italiani, mentre ancora a Verona si brindava. In calici veri.

I segreti dell’Amarone rivelati dal genoma. Mappatura completa all’Università di Verona. Massimo Delledonne e Mario Pezzotti, ricercatori del Centro di genomica funzionale dell’università di Verona, hanno trovato un modo unico al mondo per assaporare l’Amarone di Valpolicella. Non l’hanno versato in un calice. Da veri scienziati, seduti davanti a un sequenziatore di ultima generazione, hanno gustato, una dopo l’altra, le 59,2 milioni di sequenze di Rna prelevate durante la fase di maturazione dell’uva Corvina, bacca simbolo della produzione dell’Amarone. I risultati della ricerca sono stati presentati ieri a Verona. “È il primo atlante di espressione genetica di una varietà di vite coltivata” spiega, ancora ebbro per la scoperta, Mario Pezzotti, che aggiunge: “Abbiamo studiato il genoma della varietà Corvina e anche il suo trascrittoma”. Questo ha permesso di individuare quali geni si attivano in determinati organi, come le foglie, e in determinati momenti, per esempio l’appassimento dei frutti. Proprio in questa fase - durante la quale sapienti viticoltori adagiano le uve in fruttai di collina, per 3 o anche 4 mesi - è custodito il segreto dell’Amarone. Perché la bacca di Corvina attiva dei geni unici proprio nella fase di appassimento. “Fino a oggi - spiega Pezzotti - si pensava che durante l’appassimento si avesse solo un processo di disidratazione. Lo studio ha invece dimostrato che l’appassimento è un processo controllato geneticamente e che in questa fase si attivano 415 geni, su un totale di 30mila. Si attiva, cioè, un programma genetico unico”. Da cui deriva l’unicità dell’Amarone. La scoperta rappresenta un passo avanti anche per Riccardo Velasco, ricercatore della Fondazione Edmund Mach e coordinatore del progetto italiano che nel 2007 sequenziò il genoma del Pinot Nero coltivato. “Conoscendo i processi genetici - spiega Velasco - è possibile modulare l’intervento umano per ottenere il massimo dalla pianta”. Un passaggio decisivo anche per il business dell’agroalimentare, come confermano notizie che arrivano dalla Cina. Il “Beijing genomic institute”, importante centro cinese di ricerca con oltre 500 ricercatori, ha appena annunciato di voler sequenziare entro i prossimi due anni mille genomi (500 animali e 500 vegetali), stanziando per questo 100 milioni di dollari. I nostri prodotti sono quindi a rischio? Secondo Andrea Sartori, presidente dell’unione italiana vini, la scoperta dei 415 geni dell’Amarone non mette a rischio questo prestigioso vino. “Lo studio - spiega Sartori - offre piuttosto un aiuto scientifico per creare, nel territorio di origine, un prodotto ancora più esclusivo e più buono”. Posizione condivisa dalla Coldiretti, che propone di sequenziare il Dna dei 355 vitigni autoctoni italiani. Per provare, geni alla mano, le identità territoriali dei nostri vini.

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