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Il Sole 24 Ore

Quel fungo cattivà che minaccia di decimare le viti ... Intervista. Attilio Scienza... Non è minimamente paragonabile alla micidiale fillossera, la malattia della vite da pidocchio che tra il 1870 e l’inizio del “secolo breve” distrusse la quasi totalità dei vigneti d’Europa. Ma il male dell’esca, un fungo che inibisce la normale idratazione della pianta, facendola seccare, sta diventando un problema davvero serio. Un problema che si allarga a macchia d’olio lungo la Penisola e, a quanto pare, colpisce soprattutto i vigneti più moderni a elevata presenza d’impianto. L’allarme è stato lanciato dai ricercatori delle Università di Milano e Firenze al convegno sul deperimento precoce dei vigneti italiani organizzato presso la vinicola Bellavista di Erbusco del gruppo Terra Moretti, azienda della Franciacorta all’avanguardia nella ricerca e lotta a questo pericoloso fungo. Tanto che - come ha sostenuto il titolare Vittorio Moretti - è riuscita in pochi anni a dimezzare la percentuale di vigne attaccate da questa malattia. Al professor Attilio Scienza, ordiriario di Viticoltura all’università di Milano, abbiamo chiesto di spiegare che cos’è il mal dell’esca. “Si tratta - risponde lo scienziato - di una malattia della vite nota fin dall’antichità. Però in questi anni ha manifestato una grave recrudescenza dovuta a numerose concause, tra le quali la poca cura nella potatura secca. Infatti, quando le forme di allevamento erano più espanse, i tagli erano più contenuti. L’adozione di impianti fitti a imitazione della viticoltura francese di Borgogna e Bordeaux, dove la fertilità dei suoli e la minore intensità luminosa consentono sviluppi più ridotti, ha indotto i nostri viticoltori a interventi drastici. Un guaio, perché ciò espone le viti agli agenti nocivi dell’esca.

Con quali e quanti danni?

I danni sono variabili e lo sono in funzione del vitigno, del clima, del tipo di allevamento. Per esempio, nelle regioni del Centro-Nord sono maggiori che non al Sud, colpisce più i vigneti vecchi rispetto ai più giovani. Quanto all’entità, ci sono casi in cui si è arrivati anche al 10% dell’estensione del vigneto, con costi non inferiori al peso produttivo di tre-quattro anni.

Ha un senso associare il mal dell’esca all’elevata meccanizzazione nei vigneti?

La potatura meccanizzata sicuramente ha favorito la diffusione della malattia. Ma i disseccamenti delle piante spesso sono causati anche dalla insofferenza della vite ai tagli di grandi dimensioni. Per contro le forme che lasciano sviluppare la pianta sono quelle che proteggono di più. Per esempio una viticoltura più ecocompatibile, meno intensiva e meno piante per ettaro sono meno esigenti in elementi minerali. Quindi meno concimazioni, meno acqua, meno rischi e meno danni.

Dunque il ruolo dei potatori resta fondamentale?

Il potatore, assieme all’innestatore, era in passato una professione nobile. Con il tempo altre pratiche colturali hanno assunto un molo più significativo nel controllo della produzione. Dall’esperienza fatta negli ultimi due lustri si è però notato che con la cosiddetta potatura soffice si è riusciti a dimezzare i danni da disseccamenti. Queste cure non sono sufficienti a eliminare i sintomi dell’esca, ma attualmente non sono disponibili rimedi più efficaci e solo la prevenzione porta a qualche risultato. Mentre è opportuno aumentare la ricerca.

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