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Il Sole 24 Ore

La rivincita dei tanti vitigni autoctoni ... Dal Prosecco di Valdobbiadene al Negroamaro, dal Morellino al bianco Custoza... In pochi anni è diventato il simbolo vincente degli “autoctoni”, il Davide che ha sconfitto il Golia, rappresentato dai vitigni internazionali o meglio “apolidi”. La consacrazione l’ha avuta all’apertura del Vinitaly quando è stato stappato un Mathusalem di 6 litri, firmato idealmente dai tremila viticoltori, per tenere a battesimo laDocg Conegliano Valdobbiadene Prosecco superiore. È indubbiamente questo vino spumante la bandiera, in primis degli autoctoni, in secondo luogo di un territorio-distretto dove non c’è un’azienda leader ma una diffusa e vivace microimprenditorialità. Non sono ancora disponibili i dati definitivi 2009 ma la produzione di questo vino, per lungo tempo snobbato dai critici, definito spesso “frizzantino”, dovrebbe aver avuto un incremento dell’8% sul 2008 (57.434.000 bottiglie con un giro d’affari di 370mila euro e un export del +30%). Un risultato davvero significativo soprattutto se si analizza nel medio periodo perché tra il 2003 e il 2008 la produzione è cresciuta del 45 per cento. Insomma, una realtà che ricorda, con le dovute distanze, il re delle bollicine, ovverosia lo Champagne, territorio dove da secoli è stata portata avanti una politica da distretto (turismo, ristorazione, cura dell’ambiente eccetera). Il difficile giunge ora, nel momento della grande crescita, dove l’attenzione alla qualità e al prezzo dovrà essere molto oculata, così come la cura verso l’innovazione, rivolta alle attese del mercato. E non è un caso che un’azienda quale Astoria vini di Treviso (13.800.000 euro di fatturato, +1,9% nel 2009), risponde subito alle esigenze del consumatore (etilometro e benessere della tavola) con il primo spumante Cold Wine a bassa gradazione, 9,5°. Un successo, quello del Prosecco, di un vino spumante che è anche il risultato positivo ancora una volta di un distretto che si è consolidato nel tempo. Anche il Franciacorta docg (è severamente proibito definirlo spumante perché, come lo Champagne, ha ottenuto che il nome del territorio coincidesse con le bollicine) è prodotto in un distretto, molto visitato dagli appassionati di turismo del vino e nel 2009 dovrebbe veder confermate le 9.430.993 bottiglie vendute nel 2008. Insomma non ha guadagnato quote, ma neppure ha perso terreno, fenomeno invece che ha toccato profondamente lo Champagne. Ebbene recenti ricerche di mercato mostrano che i vini più venduti in Italia nel 2009 rispetto al 2008 appartengono a microaree, in alcuni casi, un tempo marginali, ottenuti da vitigni autoctoni e, in molti casi, proposti da giovani produttori. In cima alla graduatoria dell’istituto Iri-Infoscan il vitigno di punta del rilancio della produzione di qualità pugliese ovverosia, il Negroamaro (+34,7%), a seguire l’emergente bianco di Custoza (+23,2%, ottenuto da uve trebbiano a sud del Lago di Garda); quindi il Morellino di Scansano (+23,1%, uve sangiovese); poi il Soave (+17,4%, uve garganega); Prosecco (+17,3%); il Vermentino (+13,6%, vitigno presente in Liguria, Maremma e Sardegna); il Gutturnio (+13,3%, Colli piacentini); la Bonarda (+12,1%, Oltrepò pavese). È interessante notare che nella top ten della ricerca Iri-Infoscan l’unica presenza “anomala” rispetto ai vitigni autoctoni è data dallo sirah, vino ottenuto in diverse regioni e micro aree. Sembrano passati i tempi in cui vitigni apolidi, quali il cabernet, il merlot, lo chardonnay, il sauvignon dominavano i consumi e la domanda dei consumatori. Il legame dei vini emergenti con il territorio è molto stretto, quasi a voler mostrare quanto possa influire sulla scelta il turismo enogastronomico, fenomeno in grande crescita.

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