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Il Sole 24 Ore

Confino per il tempio del Barolo ... Musei d’autore... Il vino come opera d’arte, la cantina come museo. I luoghi della vendemmia si trasformano in templi enogastronomici: complici le archistar internazionali, il piacere del palato e l’ebrezza di un bicchiere si confondono nel piacere estetico degli occhi. In località Costabella di Bardolino, la cantina dei Fratelli Zeni ospita un museo del vino e i produttori di Manduria nel Salento hanno dato vita al museo della civiltà del vino primitivo. Altri templi sorgono a Greve in Chianti, oppure a Caltanissetta. E da domenica prossima anche il piemontese Barolo avrà il suo spazio espositivo, nato dalla collaborazione dell’intero territorio: al Castello Faletti di Barolo (Cuneo) nasce il museo WiMu, viaggio emozionale tra la produzione, la cultura e la tradizione del vino locale. Per l’occasione si terrà lo spettacolo “Pierino e il lupo in jazz/eletronics”, libero adattamento dell’opera di Sergej Prokof’ev, diretta da Enrico Blatti con Franco Branciaroli. Secondo la tradizione fu proprio in queste cantine che nel 1751 la marchesa Julia Colbert per la prima volta battezzò il “Barolo”, destinato a diventare il vino ufficiale della Corte dei Savoia. Al pari delle grandi cattedrali del vino firmate da archistar (come Renzo Piano o Frank Gehry), l’allestimento è stato concepito da François Confino, già autore del Museo del Cinema nella Mole Antonelliana di Torino. Cinque piani aperti al pubblico, con installazioni multimediali, diorami, macchine e pulsanti interattivi. E poi la camera studio di Silvio Pellico, che qui fu bibliotecario, fino alle cantine sotterranee dove dal 1982 si trova l’Enoteca regionale del Barolo.

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