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Il Sole 24 Ore

Il libero mercato può battere la fame … Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha opportunamente messo l’instabilità dei prezzi dei generi alimentari tra le priorità che il suo paese intende affrontare nell’anno di presidenza del G-20. I dati diffusi mercoledì dalla Fao - l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura - mostrano che i costi di diversi prodotti di base hanno ormai superato i picchi raggiunti nel 2008. Poiché la spesa alimentare costituisce una parte cospicua e incontrollata dei magri budget familiari nei paesi più poveri, il rialzo dei prezzi si configura come una minaccia alla crescita globale e alla stabilità sociale. Quando i prezzi dei generi di prima necessità salgono alle stelle, i costi ricadono sui poveri. Senza un’azione globale, le popolazioni dei paesi poveri non avranno sufficienti quantità di cibi nutrienti, con conseguenze tragiche sia a livello individuale sia sulla futura prosperità dei loro paesi. I membri del G-20 dovrebbero decidere di mettere il cibo al primo posto: perché il cibo è la base della vita e perché l’adozione di misure concrete da parte del G-20 potrebbe contribuire a cambiare realmente le cose per centinaia di milioni di persone. L’obiettivo centrale dovrebbe essere assicurarsi che non venga più negata la disponibilità di alimenti nutrienti alle persone e ai paesi più vulnerabili. E un obiettivo che il G-20 può raggiungere, a patto di mettere in pratica le seguenti misure concrete, tra loro collegate. Rendere più fruibili al pubblico i dati sulla qualità e la quantità delle riserve di cereali. Una migliore informazione rassicura i mercati e aiuta a frenare le impennate dei prezzi causate dal panico. Le istituzioni multilaterali potrebbero aiutare a individuare dei modi per aumentare la trasparenza.
Migliorare le previsioni e il monitoraggio dei fenomeni climatici a lungo termine, soprattutto in Africa. Previsioni accurate di lungo periodo vengono date per scontate dai coltivatori e dagli’ acquirenti nel mondo sviluppato; nei paesi poveri, in cui i raccolti dipendono dalle precipitazioni, le imprecise previsioni delle rese amplificano l’altalenare dei prezzi. Previsioni meteorologiche migliori consentirebbero una migliore pianificazione e aiuterebbero a prevedere in anticipo le necessità di assistenza. L’Organizzazione Meteorologica Mondiale e la Banca Mondiale stanno già dando dei contributi in tal senso, ma non bastano. Analizzare meglio il rapporto tra i prezzi sul mercato internazionale e quelli sul mercato locale dei paesi poveri. Fattori quali il costo del trasporto, il genere di prodotto agricolo e i tassi di cambio possono far sì che i prezzi locali siano scollegati da quelli internazionali: in Cambogia a metà del 2009 i prezzi del riso erano in linea con quelli internazionali ma da allora, mentre sul mercato locale gli stessi prezzi sono cresciuti di un quarto, sul mercato internazionale si sono abbassati del 15 per cento. L’analisi potrebbe concentrarsi innanzitutto sui prodotti e sui paesi più colpiti dall’instabilità dei prezzi.
Stabilire piccole riserve umanitarie regionali nelle zone soggette a calamità e povere di infrastrutture. Grosse riserve alimentari possono essere costose, si deteriorano facilmente e possono danneggiare l’attività dei produttori locali. Ma nei luoghi più esposti al ricorrere delle crisi alimentari e dove le reti di trasporto sono fragili, come il Corno d’Africa, predisporre piccole riserve strategiche consentirebbe di far giungere presto il cibo alle popolazioni affamate, probabilmente a un costo minore. Il Programma Alimentare Mondiale (Wfp) potrebbe gestire il sistema. Concordare un codice di condotta per escludere gli aiuti alimentari umanitari dagli embarghi alle esportazioni. Le restrizioni delle esportazioni aggravano l’instabilità dei prezzi dei prodotti alimentari. Idealmente, nessun paese dovrebbe imporre alcun divieto alle esportazioni; nel 2011 per lo meno si dovrebbe arrivare alla decisione di permettere la libera circolazione degli alimenti a scopo umanitario. Assicurare delle efficaci reti di sicurezza sociale. È vitale proteggere i gruppi sociali più vulnerabili, come le donne incinte e i bambini sotto i due anni. Dobbiamo collegare l’agricoltura all’alimentazione, aiutando i diversi paesi ad assistere le fasce di popolazione più bisognose a un costo ragionevole. Fornire ai paesi l’accesso a sistemi di aiuto a esborso rapido in alternativa ai bandi all’esportazione o alla fissazione dei prezzi. Per aiutare i paesi a rifiutare politiche che danneggino i propri produttori e i paesi confinanti, dobbiamo offrire loro alternative rapide e affidabili, adattate ai bisogni locali. La Banca Mondiale ha creato una “finestra di risposta alla crisi” presso l’Associazione Internazionale per lo Sviluppo (Ida), con un fondo di 49 milioni di dollari per i paesi più poveri, e ha messo a punto un fondo di sicurezza alimentare a risposta rapida, ma potremmo anche valutare linee di credito o prestiti con sospensione di esigibilità ed estensione durante i periodi di shock dei prezzi. Sviluppare un’articolata gamma .1i altri prodotti di controllo del rischio. In alcuni casi, gli strumenti più utili potrebbero essere delle assicurazioni contro i danni meteorologici o un indice delle precipitazioni; in altri opera zioni di copertura sui prezzi dell’energia per mantenere bassi i costi di trasporto e delle operazioni agricole. Aiutare i piccoli agricoltori a diventare sempre più parte attiva nella soluzione del problema della sicurezza alimentare. L’86% dei prodotti di base nelle zone povere deriva da fonti locali, perciò il sostegno agli sforzi governativi per rinforzare la piccola agricoltura ha un’importanza fondamentale. Un passo concreto per il G-20 potrebbe essere quello di aiutare gli agricoltori a presentare le offerte per la vendita dei propri prodotti nelle gare di acquisto indette da soggetti umanitari come il Programma Alimentare Mondiale. Ciò può richiedere una valutazione flessibile e la disponibilità a prendere in considerazione sviluppi benefici come la costruzione dei mercati locali nella decisione dell’allocazione dei fondi. Il Sudan Meridionale potrebbe costituire un caso pilota. La risposta all’instabilità dei prezzi non può essere quella di mettere sotto accusa o bloccare i mercati, ma di usare meglio i meccanismi dei mercati stessi. Tramite l’empowerment dei poveri, il G-20 può fare passi concreti per assicurare loro un’adeguata nutrizione. Sarkozy ha mostrato autorevolezza mettendo questo tema nell’agenda del G-20: ora i suoi membri devono agire per mettere il cibo al primo posto.

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