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Il Sole 24 Ore

I dati sul vino come il pollo di Trilussa ... Le tendenze a tavola nascono dalla domanda del consumatore o dall’offerta del produttore? Una querelle che ci porta lontano, agli anni 70, a quell’illustre economista di nome J. K. Galbraith o a sociologi quali Duenseberry. Ma fermiamoci a qualche deduzione “casareccia”, che tocca il vino. I dati dei consumi sono abbastanza confortanti per i produttori made in Italy: calano - è vero - i consumi interni, ma cresce l’export. Dobbiamo essere contenti o piangere? Dipende da come si guarda il famoso bicchiere... A supporto, si può sgranare il rosario: l’introduzione dell’etilometro, la crisi dei consumi, il caro-vino (in special modo l’aumento di prezzi del vino al ristorante)... Tutto vero ma non ci sono cifre disaggregate per capire quali tipologie di persone hanno ridotto i consumi. Si potrebbe invece scoprire che alcune fasce di consumatori hanno ecceduto. Insomma, pur nel calo generale, potremmo trovarci di fronte alla famosa legge del pollo di Trilussa. E il sospetto che sia così è davvero forte, visto il grido d’allarme che giunge da diversi osservatori. Dunque non è corretto fermare l’attenzione alle cifre nude e crude, ma varrebbe la pena approfondire! Non è solo questo l’aspetto da porre al centro di un dibattito sui consumi di vino. La querelle prosegue su un altro punto, ossia quanto influiscono le tendenze ballerine: vitigni autoctoni o vini di territorio, vini dei falegnami o no, vini naturali o convenzionali? Negli ultimi vent’anni il consumatore italiano ha vissuto questi cambiamenti rapidi di fronte, cavalcati da parte dei produttori, sui quali ha inciso non poco la critica vinicola. Prima si è Inneggiato ai vitigni internazionali (merlot, chardonnay, cabernet sauvignon, sauvignon), poi è scoppiato, giustamente, il boom dei vitigni storici made in Italy. L’uso della barrique negli anni 80-90 stato dapprima considerato necessario per i grandi vini, poi si è cominciato a metterlo in un angolo. Quindi è stato indicato il territorio come valore fondamentale perla produzione di un vino, mettendoli vitigno in secondo piano. Da ciò si può argomentare che un vitigno internazionale presente da tempo in un territorio vinicolo (ad esempio il merlot nel Collio, il cabernet sauvignon in Maremma o lo chardonnay in Sicilia) può considerarsi, se non autoctono, naturalizzato italiano. Dulcis in fundo, anche la scienza medica ha influito non poco, soprattutto quando ha prima messo al bando il bicchiere di vino, e poi glorificato il “rosso”, ricco di resveratrolo, benefico per la salute. Insomma qualche ombra può starci, dietro al richiamo a bere meno. Ci vuole più chiarezza! Sine qua non.

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