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Il Sole 24 Ore

“Per battere i rivali la sfida è sulla qualità” ... Intervista. Gianni Zonin... Il vino italiano si conferma tra i più “frizzanti” del mondo: l’eccellenza del nostro prodotto non è in discussione ma ora la leadership deve estendersi dai volumi alla qualità: il punto di vista di Gianni Zonin, 73 anni, presidente della Casa vinicola Zonin di Gambellara, nel Vicentino, è da tenere in grande considerazione. L’associazione enologi ha appena assegnato a Zonin il “Grappolo d’oro”, il massimo riconoscimento all’attività professionale con la motivazione che, “con le sue undici aziende vitivinicole, ha creato la più grande realtà vinicola familiare nazionale, contribuendo in modo sostanziale all’affermazione del vino italiano in tutto il mondo”.

L’anno scorso abbiamo superato, almeno in quantità, 50 milioni di ettolitri contro 46 del vino francese. Secondo lei si può parlare di un segno di vitalità del nostro mercato?

Certamente, però bisognerebbe impegnarsi ancora di più nel marketing, nella promozione e investire molto nella diffusione della cultura del vino. Esattamente come fanno, appunto, i francesi.

Anche quest’anno l’export italiano è in grande spolvero, con una crescita del 14% nel primo semestre dell’anno. Crede che stiamo ancora approfittando delle difficoltà degli altri?

Abbiamo approfittato delle difficoltà degli altri produttori, incappati in un’annata sfavorevole, per occupare tutti gli spazi possibili: le cantine sono state letteralmente svuotate. Comunque la viticoltura italiana ha fatto passi da gigante in tema di qualità e ha rinnovato i due terzi dei vigneti.

Eppure siamo ancora deboli sui prezzi: nel 2010 le nostre esportazioni hanno fatturato oltre 2 miliardi di euro in meno rispetto ai francesi.

Continuiamo a vendere tantissimo nel mondo, tuttavia i prezzi medi sono risultati tra i più bassi del mercato: è vero, non tutti i mosti sono di eccellenza. Preoccupa però che i prezzi medi dei vini argentini stiano superando quelli italiani, questo non è positivo.

Ma forse un motivo c’è il 40% del nostro export è vino sfuso. Una percentuale troppo elevata?

Il 40% mi sembra tanto. Ci sono difformità nelle rilevazioni. Comunque è molto probabile che anche nel 2011 il nostro export cresca a due cifre. Ma anche sul mercato interno ci sono segnali incoraggianti: scema il calo dei consumi.

E allora quali iniziative mettere in campo per alzare il prezzo medio?

Innanzitutto dobbiamo presentarci sui mercati cercando costantemente di fare massa critica e aiutandoci con i consorzi, le fiere e l’Ice, che non c’è più.

Cosa pensa del trasferimento delle competenze dell’Ice?

L’Istituto avrà anche avuto delle strutture vecchie ma ora è tutto da verificare che le ambasciate dedichino personale specializzato all’assistenza delle imprese e dell’export.

Le recenti barriere erette dalla Russia sono un campanello d’allarme?

Ho ricevuto una lettera dall’ambasciatore italiano a Mosca: scrive che i russi negano di aver istituito barriere commerciali d’ingresso, ma noi dobbiamo dimostrate che non vendiamo il prodotto sottocosto.

Negli Stati Uniti il made in Italy tiene ancora?

Decisamente: negli Stati Uniti abbiamo due aziende, una di produzione, la Barboursville in Virginia, e una di distribuzione. Abbiamo anche un ristorante, sempre a Barboursville. Un secondo, con l’insegna Gustavo, lo apriremo a New York entro la fine dell’anno. Poi seguiranno altre città.

Quali sono i vini italiani oggi più richiesti?

Tra i bianchi il Prosecco e il Pinot grigio che continua ad andare bene. In rapida ascesa il Vermentino, il Lugana e il Fiano di Puglia del Salento.

E tra i rossi?

In ascesa i vitigni autoctoni. Bene il Sangiovese, il Refosco, la Bonarda dell’Oltrepo e il Montepulciano d’Abruzzo.

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