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Il Sole 24 Ore

Soltanto la qualità salva dalla crisi ... Ricavi sostenibili rispetto al passato anche grazie all’export ... Collio, Coglio, Brda, Cuei e In den Ecken: nella molteplicità dei suoi nomi il Collio mostra la sua bellezza, quasi che a ogni nome corrispondesse una prospettiva nuova, un sapore da conservare. Sono nomi che attraversano i secoli (Coglio nell’800) e i confini (Brda in sloveno e In den Ecken in tedesco) perché il confine è a portata d’occhio dalle colline. Oggi il Collio sono 200 produttori che curano 1.500 ettari in questa falce di luna appoggiata tra la provincia di Gorizia e la Slovenia: lavorano a Capriva del Friuli, Dolegna del Collio, Farra d’Isonzo, Gorizia, Mossa, San Floriano del Collio, San Lorenzo Isontino e Cormòns (comuni nei quali sono state individuate dodici sottozone). Hanno aderito al Consorzio di tutela vini del Collio e Carso che ne protegge la denominazione e studia la promozione: “Sono aziende a volte molto piccole, altre volte di dimensioni più grandi”, spiega Patrizia Felluga, presidente del Consorzio e figlia di cotanto padre. Marco Felluga ha guidato per due mandati il gruppo dei produttori, a questa terra ha regalato le sue conoscenze della vigna e della cantina e soprattutto una voglia d’impresa che ha dato una visibilità sconosciuta in passato. E stato Marco Felluga a volere il vino-progetto Collio Bianco come strumento per raccontare il territorio e che oggi è prodotto dalla metà del Consorzio, è stato lui a chiamare nel 2001 Oliviero Toscani per una pubblicità del Collio, quella con la fotomodella di colore vestita solo di una bottiglia di bianco: ha fatto storia l’idea di Toscani, ha girato il mondo e il succo del Goriziano è diventato davvero internazionale. Si producono poco più di 6 milioni di bottiglie all’anno:
non solo Collio Bianco Doc ma anche Ribolla Gialla, Malvasia, Pinot Bianco e Grigio, Chardonnay, Picolit e Sauvignon Bianco, e ottimi rossi (Pinot Nero, Collio Rosso, Cabernet Franc). “Le nostre fortune dipendono. dalla natura”, prosegue Patrizia Felluga, con un istinto antico, e i venti della crisi qui si son fatti sentire appena. “La qualità dei prodotti, l’attenzione con la quale tutti curano la vigna e le fasi di lavorazione ci hanno preservato dalla crisi finanziaria”, dice la presidente. Altri due elementi hanno aiutato il Collio a mantenere stabile il fatturato dell’area (circa 200 milioni di euro): la dimensione artigianale delle aziende, in cui tutti fanno tutto e si sentono coinvolti al 100% nell’impresa e la vocazione internazionale. “E abbastanza difficile una stima della percentuale di bottiglie che finisce sui mercati stranieri - spiega Felluga - perché ogni azienda fa storia a sé: ad esempio, Zuani, la cantina che curo, esporta 1’80% del prodotto”. Gli altri mondi sono anche il futuro del Consorzio, nato nel 1964: “Stiamo lavorando - continua Felluga a una vasta campagna promozionale dedicata all’estero, grazie a 3,4 milioni di euro di fondi europei per un triennio: a fine mese saremo a San Francisco e i2ot sarà l’anno di Germania, dei Bric e dell’Asia: Giappone, che già ci conosce bene, Singapore e Hong Kong”. Dove portare bottiglie con la capsula gialla, introdotta un anno fa come segno distintivo di un certo modo di far vino. Ma non è solo estero e i vini del Collio vivono anche di altre iniziative: il Bianco d’autore, rassegna d’arte che dura tutta l’estate, il premio Collio Cinema, la manifestazione Cantine aperte e un’accoglienza che va ben oltre la degustazione di un bicchiere divino. Mario Schiopetto, che di questa terra è stato padre e pioniere, sarebbe orgoglioso nel vedere un Collio così felice e ancor di più quei contadini che, negli anni 50, facevano i conti solo con la miseria. Nel Collio è andata un po’ come nella Langa: bontà e ricchezza dall’ostinato lavoro. Le parole sono di Cesare Pavese ma valgono anche qui: “Bastava che chiudessi gli occhi per sentire che il mio sangue, le mie ossa, il mio respiro, tutto era fatto di quella sostanza e oltre me e quella terra non esisteva nulla”.

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