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Il Sole 24 Ore

“Siamo vessati dalla politica” ... La denuncia degli imprenditori, da Enrico Zoppas a Gianni Zonin ... Gente che si dà da fare. Gente che ha una percezione del tempo come di una variabile da utilizzare al meglio: ciò che si può fare oggi, domani è già appannaggio degli avversari. Gente che ha fatto dell’innovazione la chiave per accelerare l’uscita dalla crisi. Gente che ha una coscienza pragmatica dello stato di salute dell’economia regionale e sa perfettamente cosa serva al Veneto del prossimo futuro. La classe imprenditoriale veneta, che agli occhi del resto d’Italia può sembrare rigida, chiusa, a tratti imbronciata, ma che dimostra il coraggio di scelte rischiose, lo dice a chiare lettere: “L’export finora ci sta salvando, ma è in rallentamento; ora chi produce esige un sistema Paese che possa supportare le azioni delle imprese. Non solo concretamente ma anche moralmente: abbiamo bisogno di non essere sempre colpevolizzati, di maggiore entusiasmo, disti- moli ad andare avanti”.
Il Veneto, più di altre regioni d’Italia, ha reagito velocemente alla crisi, grazie al tessuto ricchissimo di piccole e medie imprese e alla tradizionale vocazione all’internazionalizzazione. Ma, andando all’estero, sente forte l’assenza di uguali condizioni con i competitor. “Siamo in notevole ritardo rispetto al resto d’Europa - dice Enrico Zoppas, presidente di Acqua Minerale San Benedetto, il gruppo di Scorzè (Ve) da 865 milioni di fatturato e 2mila addetti, 6 stabilimenti nel mondo e una presenza in 80 Paesi - le istituzioni si devono f carico di chiarire qual è la strategia di supporto alla piccola e media impresa. Abbiamo un mercato interno in fortissima crisi, quindi dobbiamo essere supportati all’estero, dove siamo costretti ad andare”. “Non solo - continua Zoppas - noi imprenditori ci sentiamo vessati moralmente: c’è colpevolismo nei nostri confronti quando si parla di sicurezza all’interno delle aziende, di evasione fiscale, di pochi investimenti. Tutto ciò aumenta l’insicurezza. Ma c e anche bisogno di un cambiamento “interno” strutturale: meno burocrazia, più sgravi fiscali, l’introduzione della deducibilità degli incentivi per la ricerca. “Il momento è negativo e manca una squadra - dice Paolo Menuzzo, presidente del Gruppo Carne di Dosson di Casier (Tv), colosso dell’automazione per la sicurezza da 8i milioni nel primo semestre 2011, con 60 addetti, 480 filiali in 118 Paesi del mondo - i sindacati sono divisi, la giustizia non funziona, anche all’interno delle associazioni compaiono crepe, la politica è totalmente assente. Il rischio è che le imprese se ne vadano dall’Italia, dove c’è un fisco più equo, una normativa che funziona, come, ad esempio, quella relativa alla tutela dei marchi e dei brevetti”. “Per difendere un proprio marchio - continua Menuzzo - la giustizia italiana impiega 8 anni, quella tedesca 6 mesi. È chiaro che diventa più conveniente registrare i propri marchi all’estero”. E il trend di chi decide di scegliere di spostare la propria sede o la produzione dove c’è una fiscalità più vantaggiosa è in aumento. “Per impedire che le aziende se ne vadano - aggiunge Andrea Gabrielli, presidente della Siderurgica Gabrielli di Cittadella (Pd), gruppo che fatturerà quest’anno 900 milioni con i semilavorati siderurgici per l’industria - bisogna riqualificare il prodotto, innovandolo e investendo molto nella logistica, nell’automazione, nelle infrastrutture. Bisogna essere strutturati bene, essere in grado di fare prodotti ad hoc, essere in grado di affrontare ordini spot, dalla tempistica breve. Siamo lontani dalla sicurezza di ordinativi a lungo termine come succedeva prima del 2008”. “Occorre anche una maggiore mobilità all’interno delle aziende» aggiunge Alberto Zamperla, presidente dell’omonimo gruppo di Vicenza, leader mondiale nella realizzazione di giostre e parchi divertimento, o milioni i ricavi previsionali 2011 per 160 addetti, solo in Italia. “Non sto parlando - continua - di libertà di licenziamento, ma di flessibilità contrattuale, di mobilità tutelata che permetta di coprire ordinativi improvvisi e da evadere velocemente. E contemporaneamente bisognerebbe mettere un tetto ai contributi che ogni imprenditore deve versare per il proprio dipendente: il resto della somma vada in busta paga. Solo così si creano nuovi posti di lavoro per i giovani”. Una cosa è certa, secondo le imprese venete: cioè che tutti devono fare la loro parte. E che non si possa più avere una percezione provinciale dell’economia, ma la consapevolezza che regioni come Slovenia, Croazia, Carinzia, Austria, Svizzera posano attirare più investimenti del Veneto e rappresentare una minaccia, anche in termini di acquisto delle nostre eccellenze. “Prenda le banche, ad esempio - cita Alessandro Riello, a capo della Aermec, azienda della climatizzazione del Gruppo Riello, con sede a Bevilacqua (Vr), 600 dipendenti e 156 milioni di fatturato nel 2010 - Quelle tedesche accompagnano i loro clienti nel mondo, assieme a ministri del Governo e alte istituzioni. Le nostre magari sono migliori per vari aspetti, ma mancano di fantasia e di capacità nel seguirci e nel rischiare con noi. Questo sforzo va fatto. Per essere vincenti, dobbiamo ritagliarci spazi nei mercati già maturi dove è richiesto un servizio di alta qualità. Ma abbiamo bisogno di aiuto”.
“La situazione generale è pesante, non c’è euforia, sono preoccupati sia gli imprenditori che i consumatori - conclude Gianni Zonin, patron della cantina vitivinicola di Gambellara (Vi), 107milioni i ricavi 2010, 165 dipendenti, 28 milioni le bottiglie prodotte l’anno scorso - alla fine il business è una questione di immagine e di credibilità: in questo momento chi produce con un marchio tedesco ha più credibilità di noi. Dobbiamo avere una immagine Paese che sia in grado di far vendere e di aumentare la qualità dei prodotti.

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