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Il Sole 24 Ore

Asta di vini a Hong Kong. Ornellaia protagonista ... L’ex colonia porta ideale per l’immenso mercato cinese ... Due settimane fa Acker Merrall& Condit, una delle principali case d’aste mondiali specializzate nei vini di prestigio, ha battuto un record di vendita (per un totale di 14,4 milioni di dollari) in quella che ormai sta diventando la principale piazza internazionale per gli scambi,di grandi etichette, Hong Kong. Nel giro di quattro anni, in seguito all’abolizione completa dei dazi all’import, l’ex città-stato è riuscita ad accreditarsi come porta d’ingresso dell’immenso mercato cinese e destinazione privilegiata per gli influenti collezionisti asiatici. Nelle sue cantine climatizzate e ipertecnologiche sono ormai custoditi oltre sette milioni di bottiglie di prestigio, anche molti investitori cinesi hanno spostato qui dai tradizionali storage londinesi le loro casse di Bordeaux. La novità è che finalmente, ci si sta liberando dal predominio assoluto dei Bordèaux, che in Cina è soprattutto Lafite, meglio se 1982, secondo quella che è stata definita la “parkerizzazione” del mercato, dal nome di colui che negli ultimi vent’anni ha dettato il gusto internazionale del vino, l’avvocato americano Robert Parker, fondatore di Wine Spectator. All’asta milionaria di Acker Merrall i record più significativi sono stati ottenuti dai grandi Borgogna e questa settimana Christie’s batterà a Hong Kong un’asta in cui anche l’Italia sarà protagonista, con l’offerta di magnum e imperiali, le bottiglie da sei litri di Ornellaia. Ma Hong Kong non è solo destinazione di etichette da migliaia di dollari. Già oggi ha il più alto consumo pro-capite asiatico e un mercato in crescita esponenziale. I wine bar spuntano come funghi. Nel 2010 ha importato vino per 895 milioni di dollari (+73,2% rispetto all’anno precedente). Nei primi nove mesi del 2011 ha già raggiunto 940 milioni e secondo le previsioni l’import divino nell’intera Asia entro il 2017 toccherà 1,5 miliardi di dollari. Fino ad oggi a farla da padrone sono stati i francesi. La loro quota di mercato a Hong Kong lo scorso anno era del 36,4% - ma secondo alcuni esperti sale addirittura al 59% se riferita alla fascia dalle etichette più pregiate-mentre ivi- iii italiani si attestavano ad un misero 2%, seppur il valore sia salito a 18 milioni di dollari dai ia milioni dell’anno precedente. C’è molto da fare e qualcosa inizia a muoversi in maniera più strutturata. Un’americana di origini coreane potrebbe essere la nuova ambasciatrice del vino italiano in quest’area. E Vinitaly, la principale fiera enologica italiana, la chiave di volta per insediarsi stabilmente sui ricchi mercati asiatici. Almeno questo è l’obiettivo di Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere, che ha chiamato a collaborare al progetto internazionalizzazione un’ex consulente di Price Waterhouse distogliendola, almenp momentaneamente, dall’apertura di un fondo d’investimento sul vino. Stevie Kim ha portato Una, il vino creato per commemorare il 150° dell’Unità, al Nasdaq di New York (“senza sborsare una lira”) ed è stata lo spin doctor dell’intesa raggiunta tra Veronafiere e Hong Kong Trade Development Council che farà di Vinitaly il partner italiano delle importanti fiere asiatiche organizzate da Hktdc e di altre future iniziative e joint venture. Il memorandum d’intesa è stato firmato durante l’Hong Kong International Wine and Spirit Fair di inizio novembre, che ha visto l’Italia come paese ospite, presente con oltre 200 produttori e un’area espositiva di mille metri quadri. L’accordo appena siglato ti- guarderà anche l’organizzazione di fiere in settori affini, dalle tecnologie alimentari ai macchinari per l’agroindustria.

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