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Il Sole 24 Ore

Serve una governance globale ... “Servono politiche comuni di lungo periodo. La geoagricoltura oggi è cambiata. Siamo in mezzo alla tempesta perfetta dei mercati. Amartya Sen dice che non ci sono carestie nelle democrazie. I grandi cambiamenti di questi ultimi mesi hanno mostrato quanto le carestie possano incidere nella storia di paesi che democrazie non sono”. Al terzo forum del Barilla Center for Food and Nutrition l’agronomo americano Hans Herren, presidente del MillenniumInstitute, citando la necessità di una governance globale mette sul tavolo la carta che spesso manca nelle partite a poker che si giocano, fra interessi nazionali e posizioni pre-concette, nell’Europa dei contadini e dell’industria alimentare. Niente ideologismi da parte sua. Ma la convinzione che problemi giganteschi (“con gli attuali livelli di produzione, se il cibo fosse distribuito razionalmente, potremmo nutrire 40 miliardi di persone” dice Herren provocatoriamente) abbiano bi sogno di politiche convergenti.
E, così, assumono una luce diversa anche le polemiche e gli scontri che si sono avuti negli ultimi mesi, a proposito degli effetti della nuova Pac. In Europa, fra diversi paesi, e in Italia, fra diverse confederazioni e fra differenti pezzi della filiera agroalimentare. Per esempio, sulla rimodulazione dei sussidi. “Oggi l’80% di questi ultimi - dice Monica Frassoni, presidente dello European Green Party - va al 20% dei produttori. Ci sono le condizioni perché esistano fenomeni di dipendenza dei sussidi”. La questione dei sussidi è complessa. “E vero che non va sottovalutato il tema del reddito fmale. Se non c’è stabilità, non c’è sviluppo”, dice John Reilly della Sloan, la scuola di management del Mit. “Ma è anche vero - ribatte Herren - che i sussidi, in Europa ma anche negli Stati Uniti, falsano la concorrenza con i paesi in via di sviluppo”. In tema di sussidi, la nuova Pac, che avrà mille altri difetti, una qualità ce l’ha. Consolida all’l% del budget comunitario i sussidi all’export. Proprio quelli che, per decenni, hanno costituito un’arma impropria in grado di mettere fuori gioco, fin dall’origine, le economie dei paesi in via di sviluppo. “Si tratta di una quota ormai minima”, riflette l’austriaco Franz Fischler, commissario europeo all’agricoltura dal 1999 al 2005. Che aggiunge: “Anche i sussidi sui prezzi si sono ridotti, a seconda della specializzazione, fino a un buon 80 per cento”.
Una graduale riduzione dei sussidi che, peraltro, ha trasformato la fisionomia produttiva del Vecchio Continente. Il quale, nella sua formazione politica a 27 paesi, di fatto esporta soltanto cereali avendo compiuto un upgrading verso i prodotti trasformati ad alto valore aggiunto, che finiscono soprattutto sui mercati più ricchi. La generale tendenza a ridurre le sovvenzioni ha prodotto più di un dispiacere a tutte le agricolture europee. Non soltanto a quella italiana, ma anche a quelle francesi e tedesche, che tradizionalmente hanno ricevuto più aiuti finanziari da Bruxelles rispetto a noi. Si tratta di un trend globale, imposta dal Wto, a cui bisogna abituarsi.
“Da questo punto di vista - nota Fischier, già candidato alla posizione strategica di direttore generale della Fao - è una tendenza corretta che va guidata con politiche internazionali convergenti. Oggi la scommessa è proprio questa: tenere insieme sviluppo e sicurezza alimentare, effetti politici e ambientali. Senza rifare gli errori degli anni Settanta, quando si puntò tutto sulla produttività a scapito della natura, senza considerare le conseguenze geopolitiche delle proprie scelte”.

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