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Il Sole 24 Ore

La guerra dello spumante ... Agroindustria. Polemiche e ricorsi per includere il comune di Asti, non compreso nel disciplinare ... I produttori locali continuano a opporsi all’allargamento della Docg … L’allargamento della Docg al comune di Asti è nelle mani del ministero delle Politiche agricole. Nel caso il neo ministro Mario Catania non sciogliesse in qualche modo il nodo entro l’anno, il prossimo 2 gennaio la Casa vinicola Zonin giura che ricorrerà alla Corte di giustizia europea. Insomma sarebbe un altro capitolo di una telenovela infinita oltre che un pasticcio perché la querelle rischia di gettare discredito sul nostro Paese: le carte bollate del Tar potrebbero rimettere in discussione il nuovo disciplinare del Consorzio dell’Asti Docg mentre il ricorso a Lussemburgo rafforzerebbe l’immagine di un Paese che non sa fare sistema, e forse si rischia addirittura la cancellazione dell’intera Docg dall’albo delle denominazioni per il semplice fatto che, pur fornendo il nome alla Docg, il comune di Asti ne è escluso.
“Spero che Gianni Zonin- Osserva Claudio Sacchetto, 31 anni, assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte - accetti la linea della mediazione: abbiamo tentato in vari modi di arrivare a un compromesso ma non ci siamo riusciti. Ci riproveremo in futuro. Se però Zonin adirà le vie legali la Regione, che rappresenta il territorio, farà lo stesso. Con il muro contro muro staremo in ballo nei tribunali per dieci anni e lui non avrà lo stesso la sua Docg”.
“Zonin è un nostro socio - interviene Giorgio Bosticco, direttore del Consorzio dell’Asti Docg - e abbiamo cercato, insieme alla Regione, una mediazione. Inutilmente. L’impugnazione al Tar potrebbe bloccare il nuovo disciplinare e a quel punto dovremmo ritornare aiprecedente. E non è escluso che i magistrati di Lussemburgo possano disporre l’ingresso del comune di Asti nel disciplinare”.
Da bega locale la vicenda ora diventa nazionale e potrebbe diventare europea: ieri dal ministero delle Politiche agricole non è arrivata nessuna novità. Si sono limitati a ribadire che qualche settimana fa il Comitato vini del ministero delle Politiche agricole ha bocciato (dopo il no del comitato ristretto piemontese) la proposta di modifica del disciplinare che prevedeva di aumentare da 52 a i comuni (compreso Asti) nei quali è possibile produrre l’Asti e il Moscato d’AstiDocg. Il sì avrebbe dovuto ottenere i 3/4 dei voti ma non ce l’ha fatta per un voto:
solo otto i contrari e un nullo.
Si trattava del ricorso dell’imprenditore viticolo Zonin, che è proprietario da anni del Castello del Poggio che ha 25 ettari di moscato. Solo di diritti di reimpianto quei vigneti valgono quasi 8oomila euro.
Forse da qui la diatriba infinita (ma in realtà non si capisce bene) che vede l’Assomoscato e l’associazione dei Comuni sul fronte opposto a Zonin. Dall’altra parte il Consorzio di tutela e il Comune di Asti, disposti ad accogliere la città come 53 °Comune del Moscato. “Gli ettari del Castello del Poggio - minimizza Bosticco - potrebbero produrre non più di 10mila bottiglie su io milioni del disciplinare”. Come dire: querelle incomprensibile.
L’imprenditore veneto sostiene (si veda intervista a lato) che la legge (decreto 61 dell’8 aprile del 2010) lega la Docg al territorio che dà il nome alla denominazione e disinnesca così anche i tentativi di contraffazione. Se il legame non esiste, si rischia la replica della vicenda italo-ungherese del Tokaji, denominazione attribuita poi dalla Ue ai magiari e sottratta ai friulani per i quali Tocai era il nome di un vitigno.
“Quella del Tocai - stoppa subito Sacchetto - è però una vicenda tra Stati che non c’entra nulla con l’Asti. Sono convinto che la strada europea non produrrrà grandi risultati per i ricorrenti”.
Tuttavia c’è un’altra vicenda che consiglierebbe prudenza:
quella del Consorzio del Prosecco che ha dilatato, aldilà di quella storica, la zona di produzione fino al Friuli per inglobare il paese di Prosecco (nel Triestino) e avere quindi anche il riferimento geografico.

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