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Il Sole 24 Ore

Nel 2011 il vino ha battuto ogni record ... È la voce principale dell’export dell’intero settore agroalimentare. Forte il traino di Asti, Prosecco e Lambrusco ... Per l’export di vino italiano il 2011 verrà ricordato per due risultati: da un lato il fatturato realizzato fuori dei confini nazionali dalle etichette made in Italy ha superato quota 4 miliardi di euro e, dall’altro, le vendite all’estero hanno sorpassato i consumi interni. Due risultati che sono strettamente legati. Perché con il progressivo calo dei consumi nazionali (in atto già da anni) le aziende italiane stanno rivolgendo sempre l’attenzione più al mercato internazionale e, contemporaneamente, cresce il peso e la notorietà all’estero del vino italiano. Un molo di primo piano, nel positivo trend delle vendite internazionali del vi- no italiano, l’hanno poi avuto anche gli spumanti made in Italy che, trainati dalle locomotive Prosecco, Asti, ma anche dall’importante ripresa del Lambrusco, si stima che chiuderanno il 2011 con una crescita dell’export di circa il i8 per cento. In questo andamento record una leva di grande importanza si stanno rivelando i ricchi budget messi a disposizione dalla Comunità europea per promuovere i vini comunitari al di fuori dei confini Ue. Un plafond che per l’Italia è partito in sordina nel 2009 con circa 20 milioni di euro, ma che passando per i 48 milioni del 2010 ha raggiunto quota 82 milioni di euro nel 2011 e supererà la soglia dei 100 milioni nel corso di quest’anno. Risorse che - lo ricordiamo - finanziano i progetti promozionali al 50%. Il contributo poi viene di solito completato - fatta salva una quota pubblica che in alcuni casi viene messa a disposizione dalle amministrazioni regionali- dagli investimenti dei privati. E ancora presto per fare un bilancio della misura, tuttavia, la sensazione prevalente è che le aziende italiane abbiano utilizzato in buona parte le risorse a disposizione. Ma al di là della spesa complessiva, le prime analisi effettuate hanno messo in luce come sia stato raggiunto uno dei primi obiettivi dei finanziamenti Ue: quello di promuovere le aggregazioni fra le imprese. Infatti anche in Italia -paese certo non famoso per la capacità di mettere insieme gli sforzi - la stragrande maggioranza dei progetti presentati, è stata promossa o da aggregazioni fra consorzi di tutela (che a loro volta riuniscono imprese delle diverse denominazioni) oppure da aggregazioni di imprese riunite sotto un unico marchio. Alla prima categoria appartengono ad esempio le iniziative effettuate su alcuni mercati dai consorzi delle tre Docg toscane del Brunello di Montalcino, del Nobile di Montepulciano e del Chianti classico che in specifiche iniziative in Usa e Giappone si uniranno anche a un altro consorzio Docg, quello del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene. Fra le iniziative dei consorzi non vanno poi dimenticate quelle realizzate dal Consorzio della Valpolicella (che punta sui mercati del Nord Europa e della Russia) e quelle del Consorzio del Soave impegnato in una grande operazione di riconquista dei consumatori Usa. Altro capitolo importante è poi rappresentato dalle iniziative promozionali svolte all’estero dalle Associazioni temporanee di imprese (Ati) come il Consorzio Italia del vino (che riunisce fra gli altri marchi come Santa Margherita, Ferrari, Casa vinicola Zonin, Marchesi di Barolo), oppure l’Istituto Grandi Marchi (Marchesi de’ Antinori, Carpené Malvolti, Masi, Pio Cesare), o ancora le iniziative svolte all’estero sotto le insegne di Vinitaly e coordinate da Veronafiere. Fra questa ultime va ricordato il “Grand Tasting, Finest Italian Wines” che punta a portare aVerona in occasione di Vinitaly un pubblico di visitatori stranieri. “I fondi Ue per la promozione stanno riscontrando un importante successo fra le imprese - spiega il presidente del Gruppo italiano vini, una delle principali aziende italiane con 368 milioni di euro di fatturato, Corrado Casoli - anche perché a differenza del passato consentono di promuovere anche i marchi aziendali. Un’opportunità che le imprese stanno cogliendo per diffondere all’estero la conoscenza di brand ed etichette che rappresentano la storia del made in Italy”. Se c’è un difetto che viene imputato alle iniziative promozionali cofinanziate da Bruxelles è quello di concentrarsi su pochi Paesi, primo fra tutti gli Usa. “Non si può certo dar torto alle imprese che puntano su mercati in grado di assicurare ritorni in tempi brevi
- aggiunge Casoli -. Tuttavia, va detto anche che gli Usa e il Nordamerica in generale ha ancora importanti margini di crescita considerato che il consumo pro capite divino negli Usa è ancora di ii litri contro i circa 40 dell’Italia”. “Con questa massiccia operazione promozionale - spiega l’ad del Gruppo Santa Margherita e del Consorzio Italia del Vino, Ettore Nicoletto - stiamo puntellando il brand Italia che all’estero può già contare su un fondamentale asset che è la cucina italiana”. Sul piano dei nuovi sbocchi, invece, Nicoletto vede ai primi posti il Brasile. “Fra i paesi Bric - spiega - mi sembra il più solido. Ogni anno in Brasile 6 milioni di persone passano dalla povertà alla classe media, il che si traduce in una grande domanda di consumi di prodotti alimentari di qualità e quindi anche di vino, che va soddisfatta”. Sul fronte dei mercati, nel corso del 2011 si è assistito anche a un importante ritorno del Giappone. Un paese che dopo annidi difficoltà ha fatto registrare una crescita a doppia cifra negli acquisti divino italiano. “Un dato molto importante - ha aggiunto il presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino, Ezio Rivella -. Il Giappone è un mercato nel quale crediamo molto visto che i consumatori sono più maturi rispetto a quelli di altri paesi asiatici e che per questo può rappresentare un importante avamposto dal quale dare l’assalto ai mercati dell’Estremo Oriente”.


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