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Il Sole 24 Ore

La riforma del vino verso una soluzione contro la qualità ... Una decisa svolta verso le misure per rafforzare la competitività del vino made in Italy. E quello che chiedono le organizzazioni agricole italiane alla Commissione europea in vista della riflessione che Bruxelles sta per aprire proprio sui futuri assetti del vino europeo. Dalle cifre della spesa negli ultimi tre anni emerge innanzitutto un dato. E cioè che la riforma dell’organizzazione comune di mercato varata nel 2007 ha finora colto nel segno. L’obiettivo della riduzione dell’offerta è stato raggiunto anche grazie ai 3omila ettari di vigneti estirpati in Italia con premio Ue. E gli effetti non si sono fatti attendere visto che la vendemmia 2011, con 40,3 milioni di ettolitri, si è rivelata come una delle più scarse degli ultimi 6o anni. Positivi sono stati anche insultati fatti registrare dalla nuova misura della promozione sui mercati extra Ue. Partita in sordina con appena 4,5 milioni di euro spesi il primo anno, ha assorbito un budget di25 milioni nel 2010. I progetti promozionali presentati dalle imprese e cofinanziati al 50% da Bruxelles, hanno poi intercettato 48 milioni nel on e si prevede un ulteriore salto in avanti quest’anno. Finanziamenti che certo hanno svolto un ruolo importante nel risultato record messo a segno nel 2011 dall’export di vino made in Italy che ha toccato la soglia record dei ,4 miliardi di euro (+12,4% rispetto al 2010).
Ma ora occorre guardare avanti. “Innanzitutto - spiega il responsabile vitivinicolo della Coldiretti, Domenico Bosco - va disinnescata la “bomba” della prevista liberalizzazione dei vigneti”. La deregulation dei diritti di impianto (necessari insieme alla titolarità dei terreni per produrre vino) sarebbe dovuta scattare nel 2015. Ma si è allargato il fronte dei paesi contrari che vogliono rivedere l’intervento. “Finora - aggiunge Bosco - si è valutata la misura della liberalizzazione solo per i rischi connessi ai vini Doc. Ma problemi possono derivare anche per tutte le altre categorie divino. Con una deregulation prevediamo infatti un rischio delocalizzazione per le produzioni “di massa” che potrebbero traslocare verso i paesi dell’Est che vantano costi di manodopera inferiori ai nostri. Imbottigliati in loco quei vini andrebbero a rifornire le private label della grande distribuzione internazionale. Ne deriverebbero danni veri per un segmento che in Italia, anche se non è sempre visto come il fiore all’occhiello dell’enologia made in Italy, comunque coinvolge tante imprese e migliaia di lavoratori”. Della liberalizzazione dei vigneti si parlerà nel corso del Vinitaly di Verona in un convegno previsto lunedì 26 al quale parteciperà il Commissario Ue all’Agricoltura Dacian Ciolos. Ma obiettivo prioritario della futura politica Ue sul vino sarà un vero salto di qualità sulle misure per rafforzare la competitività delle imprese. Assi di spesa come ristrutturazione e riconversione, investimenti in cantina e la stessa promozione vanno rafforzati. Una spinta importante potrà venire dai circa 92 milioni di euro che fino al 2012 sono stati assorbiti dalle misure antisurplus (distillazioni e aiuti all’arricchimento con mosti) che ora verranno cancellate. “Noi riteniamo che le risorse disponibili - spiega la responsabile vitivinicola di Confagricoltura, Palma Esposito - vadano dirottate sui contributi agli interventi di ristrutturazione dei vigneti (che hanno sempre riscosso successo fra i viticoltori) e rafforzata la promozione extra Ue. Sotto quest’ultimo profilo va allargata anche la platea dei beneficiari e vano estesi gli interventi anche ai paesi europei che oggi sono esclusi”. “Sarebbe miope - aggiunge il responsabile vino della Cia, Domenico Mastrogiovanni - destinare risorse “a pioggia” ai viticoltori attraverso il meccanismo del disaccoppiamento. Bisogna invece favorire l’investimento da parte dei giovani nel settore favorendo l’ingresso di risorse nuove. Solo in questo modo sarà possibile innovare sia i prodotti che i mercati di sbocco”.


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