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Il Sole 24 Ore

Lo champagne emigra in Gran Bretagna ... Cambia il vino con il clima che cambia. Lo champagne sta “emigrando’ in Gran Bretagna, i vigneti ora spuntano anche in montagna ad alta quota e in Italia, produrre vino, costerà di più.
I record nelle esportazioni e i numerosi riconoscimenti internazionali non possono far dimenticare che il vino, vissuto sempre più come un prodotto di moda, non ha mai smesso di essere un prodotto agricolo e, come tutti i prodotti agricoli, è legato a doppio filo alle condizioni climatiche. Il surriscaldamento ,in atto già da alcuni anni, sta infatti pesantemente influenzando la produzione mondiale divino.
Se ne parlerà domani al convegno organizzato da Coldiretti, Città del vino e Greenpeace dal titolo “Clima e vino:,rischi e prospettive di una relazione particolare” nell’ambito della 460 edizione di Vinitaly che si apre oggi a Verona alla presenza del ministro per le Politiche agricole, Mario Catania. Negli ultimi trent’anni - secondo uno studio realizzato dalla Coldiretti - le temperature sono aumentate in media di 1,5 gradi, e questo ha provocato un innalzamento della gradazione alcolica dei vini che è in media di un grado. Infatti, diversi disciplinari di produzione dei vini Doc, dal 1980 ad oggi, si sono adeguati al nuovo scenario modificando i limiti sul contenuto di alcol dei prodotti.
L’innalzamento delle temperature favorendo la produzione di vini più alcolici, meno acidi e più dolci rispetto al passato può avere, inoltre, notevoli conseguenze di mercato. “Il trend del consumo mondiale - spiega il responsabile vitivinicolo di Coldiretti, Domenico Bosco - va invece nel senso
di vini più leggeri, meno alcolici. E quindi per evitare un “cortocircuito” fra l’impatto del clima sulla produzione e la domanda del mercato, i viticoltori sono costretti a adottare una serie di accorgimenti”.
Misure che prevedono ricorso massiccio all’irrigazione e alle potature nel vigneto, oppure la vendemmia notturna (con temperature più fresche) soprattutto nel Mezzogiorno o ancora pratiche come il raffreddamento delle uve in fase di fermentazione per preservarne la qualità. “Tutte operazioni che tra l’altro sono difficilmente meccanizzabili - ha detto il presidente della
Coldiretti, Sergio Marini - e che quindi generano un incremento dei costi di produzione che stimiamo attorno al 5 per cento”. Ma gli effetti più significativi dell’innalzamento delle temperature sul vino sono quelli sulla distribuzione geografica della produzione. “Negli ultimi anni - ha aggiunto il responsabile vitivinicolo di Coldiretti - sono stati piantati vigneti nei comuni di Morgex e La Salle in provincia di Aosta a circa 1.200 metri di altitudine. Una quota dove finora la coltivazione della vite era impedita dalle basse temperature medie e dalle frequenti gelate primaverili”. In genere, in Europa, l’innalzamento delle temperature sta provocando uno spostamento della produzione verso Nord. “Già anni fa - conclude Bosco - fece scalpore l’impianto di ettari a chardonnay in Inghilterra per produrre champagne. Ma il vero problema è che l’innalzamento delle temperature sta favorendo la produzione di vino nei paesi dell’Est europeo come la Bulgaria, l’Ungheria la Polonia meridionale. Paesi che vantano costi della manodopera irrisori e che quindi possono diventare un concorrente temibile per i vini italiani ed europei. Una ragione in più per ribadire un fermo no alla liberalizzazione dei vigneti allo studio di Bruxelles”.

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