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Il Sole 24 Ore

Un premio all’ex marinaio diventato produttore di vini ... “È stato come ricevere un Oscar”. Hervé Deguffiame, viticoltore, nato a Marsiglia, ma di solide origini valdostane, con un passato da marinaio, sintetizza così la sua trasferta romana per ricevere un premio davvero inaspettato. Per la guida del Gambero Rosso il suo “Chambave Muscat Fletri”, un passito coltivato con passione certosina ai piedi delle Alpi, è il migliore d’Italia. Le sue 1.500 bottiglie con l’etichetta La Vrille (in francese, il viticcio) realizzate a Verrayes da vigne di cui Hervé conosce quasi uno ad uno gli acini, sono un giacimento del gusto da proteggere, di cui Deguillame è diventato il custode. Lui, che dopo essere ari- dato per navi con la marina francese, agli inizi degli anni ‘o torna a Verrayes per amore. Si sposa con Luciana Neyroz. Diventa papà di Sylvain e Virginie. E, nel 1994, dopo qualche esperienza da autodidatta con alcuni vigneti di famiglia, inizia a lavorare come cantinierepressola Crottade Vegneon di Chambave, la locale cantina sociale. Una vera e propria scuola grazie alla quale oggi su un ettaro e mezzo di vigneto produce iomila bottiglie. Numeri piccolissimi per una realtà, come quella valdostana, che già a sua volta non fa viticoltura di massa, attestandosi intorno ai, milioni di bottiglie per un giro di affari di circa 7 milioni suddiviso tra 48 aziende imbottigliatrici, fra cui sei cantine sociali. “Produciamo sei tipologie differenti, quasi tutte autoctone - spiega Deguffiame -.11 moscato di Chambave nella versione secca e passita, il Chambave, 70% petit rouge e 30% Vuillermin, il Cornalin, altro vitigno autoctono, al 100%, il Fumin lavorato in fusti di rovere da 500 litri per 12 mesi, e, infine, il Gamay, vitigno del Beaujolais, linea comprata già piantata”. Un fazzoletto di terra, di fatto soltanto100 metri quadri. “Non produciamo neanche 500 litri divino”. Una nicchia nella nicchia, insomma, caratterizzata da una instancabile ricerca della qualità e dauna lavorazione praticamente in solitaria. “Ognuno ha il suo metodo - spiega Deguffiame - e se il lavoro non è fatto bene, occupandomene in prima persona sono in grado di capire meglio dove ritoccare per provare a fare meglio”. Una passione - quella per il bien faire” - condivisa con la moglie Luciana che, abbandonato un posto fisso nel pubblico impiego, ha seguito corsi di alta cucina in Italia e in Francia e, prima ancora di avviare la cantina, lo ha coinvolto nella nascita dell’agriturismo “La Vrille”, dove con uno slogan felice, si propone “alta ristorazione a chiometro zero, mix di tecnica da stellati e produzione totalmente autarchica”. Un’abbinata cantina-agriturismo vincente. “Chi viene da noi - osserva Deguillame - sa che dal primo piatto fino al vino, si tratta sempre di nostri prodotti. Molti sono stranieri: tedeschi, francesi, giapponesi”. Di certo, al prossimo cliente del sol levante Deguillame potrà raccontare di quando, a Roma, dopo la premiazione, ha potuto offrire il suo muscat proprio all’ambasciatore giapponese.

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